Caro Giro striminzito, una nota non fa una canzone, un bacio non fa un amore, ed è per questo che ti chiamo striminzito: perchè non basta una tappa bellissima per fare un grande Giro.
Lo so, lo so, ci sento bene, anche le mie orecchie sono trapanate dai superlativi che la grancassa Rcs-Rai ha attivato dall'inizio: ma quelli che altro possono dire? Il padrone Cairo è il signore dei superlativi, il suo vocabolario ha solo straordinario, fantastico, pazzesco. Enjoy. I dipendenti devono seguire la linea, figuriamoci se possono permettersi un gusto personale. Quanto alla Rai, dovendo diffondere il prodotto in ogni singola casa italiana, certo non può dire che manda in onda uno spettacolo deprimente.
Per quanto mi riguarda, oltre ai Giri che vedevo da lontano quand'ero ragazzino, ne ho poi visti dal di dentro 34: certo questo non mi autorizza a pensare di avere la verità in tasca, il numero non dice niente, si può leggere Platone mille volte senza capirci un ciufolo. In questo caso, però, non serve tutta questa intelligenza: uno guarda il Giro ed esprime il giudizio estetico che il Giro gli suscita. E allora torno a noi: fiacco, moscio, noioso, così caro Giro 2023 ti ho trovato fino al sabato mattina della penultima tappa, sotto il monte Lussari. Poi, grazie alla geniale intuizione di quella cronoscalata carogna, mi hai risarcito con generosità. Ma il giudizio globale dev'essere globale sul serio: dunque, una tappa non fa un grande Giro. Mai.
Già che ci sono, solo una parentesi: è da un po' che sento gente dire “inutile mettere queste pendenze impossibili, non è ciclismo, tra l'altro non incidono e non decidono niente”: ecco, se c'è un caso in cui le pendenze incidono e decidono, confermando comunque d'essere un terreno nobilissimo del ciclismo, è proprio questo. Roglic ha vinto solo grazie alle pendenze finali, Thomas ha perso solo per colpa di quelle pendenze. Non sta bene, non è bello, non è attendibile? Sui gusti non si disputa. Io sono qui a dire che una concessione alla salita estrema, tipo Zoncolan e tipo Mortirolo, sarà sempre magnifica, per mille motivi, primo fra tutti lo spettacolo puro e semplice. E a quelli che non amano queste “baracconate” lascio volentieri le sei ore su e giù dai colli pedalabili che si decidono allo sprint negli ultimi 200 metri. A ognuno il suo e amici come prima.
Al netto però dell'epilogo choc, guardiamole pure le tre settimane ortodosse, senza “pendenze da circo”. Posso ripetermi: da lamette ai polsi. Non una tappa memorabile, non una cartolina da incorniciare. Con due crimini imperdonabili e indelebili: Campo Imperatore profanato dal gruppo in gita sociale e Crans Montana mutilata per fifa preventiva. Di tutto il resto, si salvano tre scatti di Roglic (che dunque vince anche ai punti), uno scatto di Almeida, e naturalmente il coraggio degli attaccanti di giornata che quanto meno hanno sfruttato decorosamente questo clima da libera uscita, firmando un mezzo record di fughe arrivate al traguardo.
Caro Giro striminzito, certo non ti nego le attenuanti: i ritiri di Evenepoel e di Geoghegan sopra tutti gli altri, il primo in particolare, tant'è vero che già sento i primi dibattiti sul tema “questo Roglic avrebbe battuto anche Evenepoel?”. Altre attenuanti sono questa pioggia sparata con gli idranti, in continuazione, in montagna e in pianura, al Sud e al Nord, definita dai corridori stessi autentico deterrente contro gli attacchi e lo show, anche se personalmente ho visto quantità industriali di corse rese crudelmente molto più spettacolari proprio dal meteo, cito Nibali sulle Tre Cime nel 2013, tanto per ripeterci banalmente.
Attenuanti ce ne sono, ma non bastano a cambiare il giudizio. Chi ti trova bellissimo fantastico strepitoso lo dice per partito preso, a prescindere, a occhi chiusi, secondo me. Chi è sereno e non ha affari in gioco, può permettersi almeno la libertà di applaudire e di fischiare. In questo caso, l'applauso resta a scena aperta, anzi standing ovation, solo per la cronoscalata. Troppo poco. E se proprio vogliamo dirla tutta, l'epilogo stesso di 14'' tra primo e secondo non è poi tutta questa Pasqua che ci viene raccontata: se due arrivano così vicini, così vicini da rischiare l'intero risultato per un salto di catena, significa che il più forte non è riuscito a meritarsi il titolo prima, giorno per giorno, tappa per tappa. Significa che un vero, chiaro, indiscutibile “più forte” non c'era. Così la vedo io. Lo stesso Thomas, che può mangiarsi un telaio per aver perso di così poco, farà bene a chiedersi cosa abbia fatto prima per evitare una simile beffa. E' stupido raccontare solo un attimo fuggente della storia: la storia bisogna ricordarla tutta.
Caro Giro striminzito, salutiamoci lealmente. Ti metto sullo scaffale dei ricordi con il solito affetto e la solita malinconia, ma in posizione arretrata e defilata. Niente mi induce a metterti tra i Giri più belli. Ne hai davanti una lunga fila. E se tra amici è giusto dirsi tutta la verità, senza giri di parole e senza ipocrisie, te la dico fino in fondo: ho il fondato timore di dimenticarti troppo in fretta, là in fondo alla fila, dove negli anni la memoria non ha nemmeno più voglia di arrivare.