Vince Evenepoel, ma in fondo perde. Perdono i Flik e Flok della Ineos, ma in fondo vincono. Perde Roglic, ma in fondo pareggia. Mi sa tanto che il vero vincitore della pompatissima crono di Cesena è uno solo, a sorpresa, comunque in modo netto: il Giro d'Italia.
Forza, un passo avanti chi avrebbe scommesso che dopo questa tappa spartiacque (quante acque, le abbiamo tutte nelle ossa) ci saremmo ritrovati con una simile folla di favoriti.
Bene così, bello così. In questo mondo facilone e superficiale, che dopo la prima tappetta aveva già impacchettato il Trofeo Senza Fine per consegnarlo subito a Evenepoel, osannando solo Evenepoel, parlando solo di Evenepoel, in questo stesso mondo adesso si canta l'elogio dell'incertezza. Abbiamo cinque big in un minuto, proprio i cinque designati e predestinati, non cinque qualsiasi. Alla Borsa rosa le quotazioni ballano ogni giorno. Volatilità assoluta. Nessuno è Toro e nessuno è Orso. E allora chiedo, cosa pretendere di più?
L'unica pretesa resta quella di non battere vergognosamente la fiacca come a Campo Imperatore. Il resto promette bene, promette tanto. Molto meglio e molto più di una settimana fa, quando i trombettieri e i violinisti intonavano già le più solenni sinfonie al dittatore assoluto, questo Evenepoel partito come un razzo.
Contrordine, non è il Giro del solista. Ricomincia un Giro corale, collettivo, molto democratico, con le pari opportunità offerte a tutti i favoriti. Non è una buona notizia per Evenepoel, è una buonissima notizia per i suoi nemici. E soprattutto per chi guarda. Un tutti contro tutti che da qui in avanti comunque rimette le cose a posto. Il tema non sarà più chi riuscirà a fare il dispetto a Evenepoel – il Covid, un cane, un Tir contromano -, ma quale dei cinque – sarei tentato di dire anche sette, perchè Vlasov e soprattutto Caruso non sono poi così distanti – quale insomma dei più forti finirà per essere il più forte sulle montagne. Persino la cambiale della cronoscalata friulana, penultima tappa, adesso perde i connotati di un ultimo incubo-Evenepoel, ma anzi diventa una buona carta per tutti.
Un sintetico tweet, o un messaggio da piccione viaggiatore, parte da Cesena: sì, magari il Giro lo vincerà Evenepoel, ma non al modo rilassante e scontato che tutti immaginavano già il primo giorno. Se lo vincerà non sarà in autostrada: sarà al termine di un viaggio massacrante ed estenuante, pieno zeppo di imboscate e di deviazioni, per avere un'idea come imboccare una qualsiasi autostrada italiana di questi tempi, tra Ponte Morandi e PNRR.
Roglic c'è, è tornato. Flik e Flok versione british sono un perenne Trofeo Baracchi, lo stesso Almeida si fa piacere per solidità e affidabilità. Se credeva di fare del turismo in Italia, Evenepoel è già costretto a cambiare idea. Il resto ce lo racconterà la strada, strada facendo, chilometro dopo chilometro.
E adesso il primo riposo, per riordinare le idee e mettere giù i piani. Prima di restituire la linea allo studio, da segnalare il cammino comune di Evenepoel e di Alessandro Fabretti, conduttore del “Processo alla tappa”: partito fortissimo, sollevando temi di discussione da vero “Processo” alla Zavoli, negli ultimi giorni ha rallentato parecchio, tornando a fare il bravo ragazzo, meglio, il vigile urbano che si limita a dirigere il traffico. Questo secondo Fabretti ha le orecchie molto arrossate, tendenza al viola, come una volta succedeva a quelli di noi sorpresi dal bidello o dal curato a combinare asinate.
Peccato. Preferivo il primo.