L’ultima impresa – erculea - è di un paio di mesi fa: caduto, clavicola spezzata, bacino microfratturato e due costole incrinate, è risalito in bici ed è tornato a casa con le proprie gambe. Fin dal battesimo era già tutto previsto.
Durate la convalescenza, Ercole Gualazzini avrà così potuto leggere e rileggere il prezioso e affettuoso libriccino – “Ercole Gualazzini – il gigante della Bassa” – che Carlo Alberto Cova, Alessandro Freschi, Paolo Gandolfi e Giancleto Vigetti gli hanno dedicato (Kriss Editore, 110 pagine, 13 euro) con i propri scritti e con i contributi di Franco Cribiori, Roberto Fava, Nicandro Gelati, Emilio Casalini, Gino Sala, Franco Balmamion, Dinora Leonessi Santambrogio, Arnaldo Caverzasi, Attilio Rota, Norma Gimondi, Tino Conti, Ernesto Coppini, Gabriella Persegona, Corrado Cavazzini, Angelo Santambrogio e Gianbattista Baronchelli, oltre al soprascritto. Con statistiche, tabelle, ritagli, figurine, cartoline e fotografie emerse dagli archivi personali di Vittorio Adorni, Mino Denti e Pierino Primavera, oltre che degli stessi Casalini, Freschi, Gandolfi, Gualazzini, Persegona, Santambrogio e Vigetti.
Ci sono anche fulminanti memorie. Roger De Vlaeminck: “Tanto tempo fa c’era una gara in Italia e gli ho detto che avrei voluto tirargli la volata. Aveva fatto così tanto per me nel passato che avevo deciso fosse arrivato il momento di fare qualcosa per lui. Ma Ercole rifiutò”. Adorni: “Per parlare di Gualazzini si devono utilizzare tre parole: serietà, onestà, cuore”. Luciano Armani: “Eravamo ancora dilettanti. Lui all’Amatori, io con gli eterni rivali dell’Enicar. Un giorno Ercole, con la sua enorme potenza, staccò tutti, raggiungendo velocemente gli ultimi chilometri. Non mi diedi per vinto e iniziai a rincorrerlo, aiutandomi anche con un piccolo camioncino che trasportava pollame... riuscendo a raggiungerlo a poche centinaia di metri dalla linea del traguardo! Da allora Ercole ha sempre sostenuto di avermi visto passare in quell’occasione con addosso le piume dei poveri animali!”.
E lo stesso Gualazzini: “Parigi-Roubaix 1974. Ero alla Brooklyn e io e Spruyt avevamo già lavorato per i nostri capitani De Vlaeminck e Merckx. A pochi chilometri dall’arrivo ci siamo ritrovati di fronte il classico passaggio a livello posto nei dintorni di Gruson. Era chiuso, col treno che si stava fermando proprio davanti a noi. Ormai fuori dalla competizione, vogliosi soltanto di raggiungere l’albergo, abbiamo scavalcato le sbarre, attraversando i vagoni aperti del treno. Con calma ci siamo diretti verso Roubaix, ormai ritirati, ma felici per aver aiutato i nostri capitani. D’un tratto un gendarme ci ha indicato ‘par ici!’ indicando Roubaix... ‘Ma quale par ici!, vado in albergo!’. Roger intanto aveva conquistato la seconda delle sue quattro Roubaix. Mi bastava. Era come se avessi vinto io”.