L'ORA DEL PASTO. ERCOLE BALDINI, L'ELETTROTRENO SI E' FERMATO

LUTTO | 01/12/2022 | 19:32
di Marco Pastonesi

L’Elettrotreno di Forlì è arrivato alla stazione. Fine del percorso. Signori, si scende.


Ercole Baldini è morto questo pomeriggio. A Villanova di Forlì. A casa. Nel suo letto. Un paio di settimane fa era stato ricoverato in ospedale, e da allora ha cominciato a spegnersi. Il suo motore ferroviario, che aveva già cominciato a perdere colpi, si è scarburato, ingolfato e infine fermato. Gli ultimi chilometri non sono stati all’altezza di quel meraviglioso viaggio, altro che Orient Express, che è stata la sua vita. Il 26 gennaio avrebbe compiuto 90 anni.


Lui, campione anche in modestia, si definiva una meteora. E’ stato, invece, una superstella. Avrebbero dovuto regalare il suo nome a un asteroide, come è stato fatto con Margherita Hack, magari un asteroide caratterizzato da un’orbita circolare, rotonda, e da una luce potente, abbagliante, così com’era la sua pedalata stantuffante, cilindrica, nelle cronometro, la specialità in cui primeggiava, rivale di Jacques Anquetil e antenato di Filippo Ganna. Lì, così, con il tempo e contro il tempo, si era guadagnato il paragone con i treni, prima Elettrotreno, poi Diretto, Direttissimo, Espresso, Rapido, oggi sarebbe stato definito Pendolino, un esemplare e un esempio ad alta velocità.

In soli tre anni, fra il 1956 e il 1958 – in questo aveva ragione lui – Baldini illuminò il ciclismo, sublimando l’azzurro (quello dell’Italia) in olimpico (Melbourne 1956), e il verde oliva (quello della Legnano) in bianco-rosso-verde (campione italiano 1957 e 1958), rosa (Giro d’Italia 1958) e iridato (campione del mondo 1958). Avrebbe vinto ancora (anche una tappa al Tour de France 1959), avrebbe vinto soprattutto nella vita. Una prodezza riservata a pochi, pochissimi. Perché era generoso, riconoscente, buono. Se il nome Ercole rendeva l’idea della sua grandezza, il cognome Baldini restava l’unico diminutivo di una esistenza (e anche di una taglia: quanto gli piaceva mangiare, non si è mai calcolato se avesse più fame o golosità) extralarge.

Ercole Baldini (l’istinto costringerebbe a scrivere nome e cognome così come pronunciati, senza respiro, senza sosta: Ercolebaldini) si era innamorato di Fausto Coppi strada facendo in allenamento e poi sposandolo nel Baracchi 1957, aveva condiviso con Fiorenzo Magni, da responsabile, le vicissitudini della Lega Ciclismo e, da sostenitore, le sorti del Museo del Ghisallo, aveva partecipato anche alla costruzione delle fondamenta della Mapei nel ciclismo. Da Villanova, la sua Betlemme e il suo Golgota, andava e tornava in macchina divorando chilometri a velocità superiori al normale (così come faceva in bici) per presenziare, omaggiare, ingigantire una manifestazione, un appuntamento, un evento. Quando si muoveva, muoveva anche la storia.

Senza peccare di protagonismo, di egocentrismo, di mitologia, Ercole avrebbe potuto tenere il palcoscenico con i suoi racconti. Lo faceva con semplicità, con modestia, quasi con pudore. Narrazioni esilaranti, confidenze commoventi, testimonianze storiche. Uno dei suoi pezzi forti era il dialogo con Lupo Mascheroni, il meccanico della Legnano: “Giro d’Italia 1958, tappone alpino, da Levico Terme a Bolzano, 200 chilometri con la maglia rosa e un morale di ferro, a pochi chilometri dal traguardo mi si affiancò l’ammiraglia della Legnano e Lupo Mascheroni mi urlò: ‘Sta’ attento, la pista è in terra’. Gli risposi: ‘E che cosa credevi, che fosse in cielo?’. E vinsi anche quella tappa”. Un altro: “Al mio primo Giro d’Italia, quello del 1957, nella cronometro di Forte dei Marmi, sentivo la catena cantare e andai così forte da mandare fuori tempo massimo una sessantina di corridori. La giuria, elastica, d’accordo con gli organizzatori, disperati, fu costretta ad allentare il limite, e restituì i 60 corridori alla corsa. Meno male. Mi avrebbero odiato”. Un altro ancora: “Gastone Nencini aveva una Mercedes 250 SE con le codine, io una Lancia Flavia. Si andava dal Giro del Veneto al Giro del Piemonte, e siccome la mia macchina era meno potente della sua, mi misi alla sua ruota sfruttandone la scia, finché l’acqua bollì e il motore fuse”.

Tre anni fa, con la scusa di ricordare quel vertiginoso 1958, Baldini chiamò a raccolta il popolo del ciclismo. Vennero tutti. Da Balmamion e Zilioli a Motta e Dancelli, da Pambianco e Adorni a Bugno e Moser, da Vigna e Zandegù a gregari come Piscaglia e Primavera, e tantissimi altri. Una festa. Uno spettacolo. Una dichiarazione di affetto. Una dimostrazione di gratitudine. Quella che oggi, e per sempre, chiunque trasmetterà all’Elettrotreno di Forlì. Perché esca dalla stazione e continui a viaggiare nei ricordi, nei racconti, nell’esempio.

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COMMENTI
Un dispiacere dopo l'altro,
1 dicembre 2022 20:03 noel
per noi appassionati di ciclismo, un affettuoso applauso Grande campione.

Fine anni “50.
1 dicembre 2022 20:17 canepari
Ha solo 25 anni e Ercole (di nome edi fatto) ha già vinto più di quanto qualsiasi corridore potrebbe sognare per una carriera eccezionale. Nessuno come lui.
Diventa il corridore italiano più famoso dopo Fausto Coppi: il suo erede naturale; ma per tanti motivi la sua carriera sportiva ha un rallentamento e pur restando in un’aurea mediocritas, alla fine del 1964 decide di abbandonare l’attività agonistica. Resterà nell’ambiente come tecnico, dirigente, grande mecenate. Nella vita di tutti i giorni è stato rappresentante e imprenditore di ceramiche faentine ma soprattutto ottimo marito della signora Vanda Beccari, emiliana, donna di passione, equilibrio e tenacia, sua Miss per tutta la vita. Per raccontare chi sia stato Baldini nella storia del ciclismo basti ricordare il Baracchi del 4 novembre 1957, quando Coppi non andava forte….ma lui lo “trainò” al traguardo e non sottolineò la debacle per non sminuire il Campionissimo. Oppure ricordare quella volta che nella crono di Viareggio al Giro del 1958, spedì fuori tempo massimo 60 (sic) corridori. Per raccontare chi è Baldini come uomo e gran professionista, bisogna raccontare di una cronoscalata ad ingaggio Sallanches – Mont d’Arbois. Era il 1958 e il patron organizzativo, monsieur Jobert, pur credendo poco nelle sue qualità di grimpeur, volle scritturare Ercole, allora in auge, per portare sul percorso un po’ di pubblico italiano dalla vicina Val d’Aosta. Nonostante la scarsa considerazione Baldini arrivò magnificamente secondo dietro a Gaul. Dopo poche ore Jobert gli consegnò una busta con l’ingaggio. Siccome c’erano molti più soldi del pattuito Ercole, onestamente, disse all’organizzatore che si era sbagliato. Al chè, con un sorriso, Jobert gli rispose: “Monsieur Baldini, lei quei sodi se li merita tutti. Infatti poteva farsi la sua corsa in pianura e poi ritirarsi o caracollare fino all’arrivo. Nessuno le avrebbe contestato niente….Invece ha corso fino in fondo con grande impegno, onorando la competizione e creando entusiasmo nel pubblico che ha pagato il biglietto. E io questo ho considerato incrementando il dovuto”. Baldini un autentico galantuomo che quella volta incontrò un suo pari. Da oggi in poi incontrerà nel “Paradiso dei Ciclisti”, sdoganato da Alfredo Martini, tanti colleghi e amici a cominciare da un certo Fausto Coppi che dovrà chiarire alcune cose a proposito del Mondiale di Reims. E in Paradiso non si possono dire bugie…..

BRAVO Pastonesi!
2 dicembre 2022 08:22 LarryT
Buon lavoro. RIP Baldini e Rebellin

Un altro dispiacere
2 dicembre 2022 09:51 9colli
Doloroso leggere della Morte di Ercole Baldini R.i.P. Grane e Immenso Campione. Sincere Condoglianze di Cuore alla Famiglia

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