Altopascio (LU), 8 agosto 2015, mancano 800 metri all’arrivo della gara amatoriale “Giro dei due Comuni”, il traffico è sospeso, c’è l’ordinanza del prefetto, il tratto è presidiato, l’inizio gara è già transitato, quando una ragazza alla guida di una vettura, alla vista del motociclista scorta tecnica che le sta intimando di fermarsi, dopo un iniziale rallentamento, anziché accostare a destra, improvvisamente accelera spostandosi verso il centro della carreggiata investendo la scorta nella corsia opposta fino a terminare la propria corsa in un terreno dall’altra parte della strada.
La scorta tecnica è Daniele Marini, vice presidente del Club Moto Guzzi Prato. Il dramma è compiuto, Daniele resta vivo ma letteralmente fracassato, nove mesi di ospedale e di tanta terapia non riusciranno ad evitargli un corpo gravemente compromesso, fino a che, il 20 novembre del 2020, non potendo il suo fisico ribellarsi ad ulteriori patologie nel frattempo sopraggiunte, concede a Daniele soltanto l’inevitabile ultimo viaggio.
I fatti sono incontrovertibili, eppure 6 anni dopo, il 13 ottobre 2021, il Giudice di Pace di Lucca, contro ogni previsione logica, decide l’assoluzione della conduttrice dell’auto chiamata penalmente (art. 590) in giudizio dalla scorta tecnica che a sua volta resta senza uno straccio di indennizzo. Un dramma per lui, la sua famiglia, i suoi colleghi del Moto Guzzi Prato che, dopo quell’incidente, per diverso tempo, avevano perso ogni voglia.
Una sentenza inaccettabile a cui i legali del Marini si oppongono proponendo appello presso il Tribunale di Lucca, il cui Giudice incaricato, con sentenza del 18 febbraio 2022 e motivazioni della stessa pubblicate l’8 agosto, la ribalta completamente dichiarando che «non è in alcun modo condivisibile la ricostruzione effettuata dal giudice di prime cure», stante le circostanziate ed attendibili dichiarazioni dei testimoni e la confortante perizia tecnico-scientifica attestante la dinamica dei fatti, i quali, a parte l’indiscusso contesto di un tratto di strada interdetto alla normale circolazione, segnalato in modo corretto dal personale dell’organizzazione, vede la scorta tecnica investita addirittura sulla propria corsia di marcia. Si condanna quindi l’imputata «al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, da liquidare in separata sede, assegnando una provvisionale pari a € …, nonché alla rifusione delle spese da essa sostenute per difesa in giudizio».
Una sentenza che restituisce il normale e comune buon senso. Una giustizia comunque post mortem, che in nessun modo potremo comunicare all’amico e collega Daniele, se non col soffio del nostro cuore, perché questo fatto di mala/buona giustizia, lo abbiamo voluto raccontare per dirgli, ancora una volta, che mai lo dimenticheremo.