“Vi raccomando la maglia da corridori, quella con le tasche”, “Pedalate mantenendo il tallone sollevato”, “Non usate, o usateli il meno possibile, i rapporti estremi”, “Per trovare la giusta misura, adattate la frequenza della pedalata a quella cardiaca”, “Meglio il tè o la cicoria. Il caffè è da evitare per chi ha il fegato fragile”, “E’ necessario avere due camere d’aria di scorta”...
Consigli e raccomandazioni, stavolta, sono d’autore. Raymond Poulidor, il popolarissimo Poupou, avversario (ed eterno secondo) dello snobbissimo Jacques Anquetil, ha scritto “La bicyclette et la randonnée en 10 leçons”, un manuale di 208 pagine pubblicato da Hachette e illustrato da Jean-Louis Mercier nel 1975, regalato dall’ex presidente della Federciclo Renato di Rocco alla Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza, e dedicato ai cicloturisti.
E’ una gemma cicloletteraria. Poulidor impartisce regole (“L’illuminazione è indispensabile”), dispensa suggerimenti (“Regolare l’altezza della sella si fa in un modo semplice: ci si appoggia contro un muro...”), tramanda la propria esperienza (“Al ritorno dalla vostra uscita o dal vostro viaggio, pulite la vostra bici”, “Ho sempre preso grande cura delle mie bici. Per necessità, certo, ma anche per piacere. Non ho mai sopportato di avere una bici sporca”) e regala speciali ricordi (“Con l’aggiunta delle rotelle, la bici diventa una sorta di triciclo e vi garantisco che guidarla non è facile. Il supporto di queste rotelle trasforma radicalmente la bici, che spesso prende una direzione opposta a quella che le si vuole dare. Ne ho avuto certezza in Gran Bretagna, più precisamente nell’Isola di Man, dove ero stato invitato a una giornata ciclistica, consacrata soprattutto alle corse dei tricicli. Incuriositi, io e il mio amico Darrigade abbiamo voluto provare queste strane macchine nel cortile di un albergo. Che sorpresa e che risate! Non riuscivamo a guidarle come si doveva. E invece di girare, andavamo diritti contro il muro”).
A distanza di 47 anni, il mondo del cicloturismo è profondamente cambiato (“Contro la pioggia” “l’impermeabile è la sola buona soluzione”) e certi pregiudizi sono stati finalmente abbattuti (“Alle donne la bici allunga le cosce e assottiglia le gambe”). E a proposito di donne, Poulidor sembra all’avanguardia (“Il ciclismo è uno sport duro, penoso”, “Ho conosciuto momenti di sofferenza che non augurerei al mio peggiore nemico”, “So che una donna è capace di sopportare la fatica, il dolore, in certi casi più di un uomo, i lavori duri. Ho l’esempio di mia madre che, come altre contadine, in campagna ha resistito a mille fatiche”). Ma la fonte rimane autorevole.
Quando si parla del colpo di pedale, con eleganza e rispetto Poulidor cita proprio Anquetil, da lui studiato fin nei minimi dettagli. “Il mio ex grande rivale Anquetil aveva un colpo di pedale di grande purezza, che ‘cancellava’ praticamente il famoso ‘punto morto’”, “Era uno dei segreti della sua eccezionale attitudine a impiegare i grandi rapporti e battere i suoi avversari”. E ancora: “Il punto morto, lo abbiamo già detto, si trova nel punto più alto della pedalata, là dove il piede non esercita più potenza. Se il piede rimane troppo a lungo orizzontale, la spinta si interrompe lo spazio di un centesio di secondo, ma quello sarà sufficiente per perdere velocità. Invece se il piede, quando si rilascia la caviglia, è più inclinato in avanti, quasi perpendicolare al suolo, eserciterà una spinta continua. E questo era il segreto del colpo di pedale di Anquetil”.
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