Non può offendersi Teuns, che ha vinto meritatamente la Freccia Vallone, se diciamo che la vera notizia – la vera impresa – è Valverde secondo, a pochissimo dal sesto successo. Qualcosa mi dice che lo spagnolo sia piuttosto ritagliato per questa corsa, peraltro bellissima, con quell'arrivo sul muro di Huy che mi sono sempre gustato a 50 metri dal traguardo con una birra dei frati in mano, in una moltitudine di belgi alticci. Ma a parte questa inclinazione naturale alla Freccia, Valverde tramortisce per quello che ancora riesce a combinare, nel ciclismo vero, tra avversari veri, nelle gare vere. Il 25 aprile, cioè tra un amen, compirà 42 anni. Agonisticamente ha l'età in cui soltanto Buffon può considerarlo giovane, anche se nell'eventuale paragone non va dimenticato che un conto è fare il portiere, un altro sfiancarsi in bicicletta. Così, tanto per evitare collegamenti impropri.
Ma a parte Buffon, Valverde merita lo stupore del mondo per quello che ha fatto finora e per quello che ancora riesce a inventarsi, senza tirarsi in giro solo ricordi, sempre nelle prime posizioni degli ordini d'arrivo, nelle gare in linea e pure in quelle a tappe, battendo regolarmente talenti molto più giovani e molto più citati.
Quale sia il segreto, solo lui lo sa. Di sicuro non si può parlare della eterna giovinezza, perchè i segni del tempo li ha dipinti in volto. Ricordo che ai suoi esordi lo vedevo come un mezzo arcangelo gabriele, con la tipica capiglieria biondazza e gli occhi chiari, poi l'ho rivisto mille volte in giro per le gare, pochi mesi fa l'ho visto sul traguardo del Lombardia e ho avuto la netta sensazione che fossero passati centoquarant'anni, tutti riassunti nelle rughe di quel romantico profilo vissuto.
A 42 anni non arrivi in questo modo sul Muro de Huy perchè ti lasciano passare, deferenti di fronte alla tua anzianità: lì c'è tutta una moltitudine di giovani carogne che ha la sola – e giusta – ambizione di farti fuori e avviarti alla rottamazione. Ma non c'è verso: sui grandi traguardi, Valverde c'è ancora e sempre, e per i virgulti non c'è verso di farlo scansare.
Cosa dire di questa sua età, a questo modo: la speranza di tutti è che sia il segno di una nuova longevità possibile, nello sport e per estensione nella vita comune, anche se non dobbiamo nasconderci che di Valverde, in gruppo, ne circola uno solo, cioè un'eccezionale eccezione. Certo diventa suggestivo immaginare – se questa fosse la nuova frontiera dell'agonismo – cosa aspetta un tipo come Pogacar, che a 22 anni ha già vinto due Tour de France, più il resto.
E' un interrogativo, è una sfida. Senza dimenticare che pure Valverde ha iniziato piuttosto presto, fin da subito. Carriere di vent'anni sono lunghissime, pesantissime, faticosissime. Non una cosa per tutti, nemmeno all'epoca della vita sempre più lunga. Per reggere questi anni e questi ritmi, bisogna essere di una pasta – umana – molto particolare. Sono tanti quelli che in tutti gli sport la tirano lunga, in qualche modo, molte volte buttandosi via. I Valverde la tirano in lungo arrivando secondi sul Mur de Huy a 42 anni. C'è una certa differenza. E' la differenza abissale che passa tra una fine malinconica e un finale aperto. Se noi in Italia ce la raccontiamo con il Trofeo senza fine, la Spagna può raccontarsela con Valverde, il Campione senza fine.