Avrebbe compiuto 91 anni il 21 maggio prossimo, Mino De Rossi un grande atleta e soprattutto un grande uomo che purtroppo è mancato il 7 gennaio scorso: la notizia è trapelata solo oggi Da tempo abitava a Quinto al Mare nel levante genovese, dove sino a pochi anni fa non disdegnava girare in sella ad un motorino perché la passione delle due ruote gli era rimasta nel cuore.
Il fisico asciutto come quando nel 1951, ancora dilettante, al Vigorelli di Milano conquistò la maglia iridata nell'inseguimento individuale. Che tempi, gli occhi sono tutti puntati su questo ragazzo, nato ad Arquata Scrivia, nella terra di Fausto Coppi che a due anni con la famiglia si trasferisce a Genova. Al Campionissimo assomiglia persino nei modi fare, composto ed elegante.
Si ripete l'anno seguente ai Giochi olimpici di Helsinki dove insieme a Marino Morettini, Loris Campana e Guido Messina vince la medaglia d'oro nell'inseguimento a squadra. De Rossi se la cava bene anche su strada, nello stesso anno domina la Coppa Caldirola, una classica dell'epoca, con credenziali del genere inevitabile finire alla corte di Fausto Coppi alla Bianchi.
Continua a correre in pista, ma sul suo percorso troverà un irresistibile Leandro Faggin, in compenso su strada comincia a farsi valere e diventa uno dei più fedeli compagni di Coppi. Nella Bianchi di quegli anni c'è un certo Raphael Geminiani da Clermont Ferrand, nasce una buona amicizia che si è spezzata solo il 7 maggio. La consacrazione giunge nel 1954, terzo al Giro di Lombardia, alle spalle di Coppi e Magni. “Si arrivava al Vigorelli – raccontava De Rossi – nonostante avessi aiutato Fausto per tutta la giornata, sfruttando le mie doti di pistard, ottenni un ottimo terzo posto”.
Coppi è sicuro di poter contare su di lui anche l'anno successivo, ma De Rossi gli confida di aver firmato per la Chlorodont di Domenico Piemontesi. I rapporti con Biagio Cavanna “l'orbo di Novi Ligure” non sono dei migliori, preferisce cambiare aria, potrebbe essere l'anno della consacrazione.
Al Giro di Campania è in ottima forma, da del filo da torcere a Coppi e Magni che all'arrivo saranno rispettivamente primo e secondo. Piemontesi non vuole perdere l'attimo fuggente, decide di partecipare alla Parigi–Roubaix. De Rossi può fare bene, molto bene. La giornata è piovosa, gelida, ogni tratto di pavè nasconde un'insidia, finisce a terra, il referto non lascia dubbi: frattura del bacino. Un brutto colpo, decisivo per il proseguo della carriera.
Riprende l'attività, ma non è più lo stesso. Riesce ad ottenere un buon 12° posto al Giro dell'Appennino che quell'anno rappresenta l'ultima grande vittoria in una corsa in linea di Coppi. Ancora un paio di stagioni su strada, ma decide con sempre maggior frequenza di dedicarsi alla pista e in modo particolare alle “Sei Giorni”. Era stato ingaggiato dalla Ignis di patron Borghi che aveva ottenuto l'autorizzazione a vendere elettrodomestici in Germania dove il
ciclismo su pista era molto seguito, per questo motivo aveva bisogno di diversi pistard in squadra. Con lui ci sono Maspes, Gasparella, De Lillo, Arienti. Di “Sei giorni” ne vince due a Buenos Aires nel 1959 con Jorge Batiz e a Montreal nel 1963 con Fernando Terruzzi.Alle “Sei giorni” è legato un aneddoto curioso che riguarda la manifestazione che si svolgeva nel velodromo di Grenoble in Francia. Giunto in treno alla “gare” della cittadina francese gli venne incontro un ragazzo biondo, educato, gentile e rispettoso: “Bonjour, monsieur De Rossi, je suis Jacques
Anquetil nous courrons ensemble”. Quanti ricordi, quanti racconti di un'epoca ormai lontana, storica ed epica per il ciclismo che riusciva ad infiammare le folle, su strada e su pista.Con De Rossi scompare una bandiera del ciclismo ligure, pur essendo nato ad Arquata, era genovese a tutti gli effetti. Finita l'attività agonistica aveva intrapreso in corso Gastaldi, a pochi passi dalla pista dello stadio Carlini, una rivendita di pneumatici del marchio francese Michelin molto legato al ciclismo nella seconda metà del secolo scorso. Nella seconda metà del secolo scorso con l'amico Angelo Gnecco aveva collaborato all'organizzazione del Giro della Liguria per amatori. Tra i suoi più cari amici che ha frequentato sino a quando le condizioni di salute glielo hanno permesso, Imerio Massignan, Luigi Zaimbro e Giulio Ricciardi.