Nel ciclismo al tempo della pandemia, il 2021 era immaginato come l’anno del “ritorno alla normalità”. Se per normalità può essere considerato l’uso delle mascherine da parte dei corridori e di tutto lo staff delle squadre (tecnici, meccanici, massaggiatori, addetti...), l’adozione dei tamponi molecolari nella già lunga serie dei protocolli e il divieto ai giornalisti di presenziare alla partenza (e spesso anche all’arrivo) delle corse. Così, nel ciclismo al tempo della pandemia, il 2021 è stato l’anno di “una nuova normalità”.
E’ la tesi di lacourseentete.com, un sito internet, ma anche una comunità di giornalisti, un progetto editoriale e un libro che vuole riassumere e interpretare un anno – il 2021, appunto – fatto di una nuova normalità, o di una normalità anormale, o forse di una normale anormalità. Un libro per cercare di capire raccontando, descrivendo, spiegando, commentando e fermando – solo il tempo della lettura – il tempo. Al centro, non solo il mondo del ciclismo, ma anche quello dell’informazione legata al mondo del ciclismo. I tempi cambiano molto più velocemente di una volta. Il cambiamento è continuo, oggi addirittura quotidiano. Ma è sempre stato così: si naviga, e si pubblica, e si stampa, a vista.
“Racing in the time of the Super-Teams” (Youcaxton Publications, 2236 pagine, 13,99 sterline), le corse al tempo delle SuperSquadre, è questo il senso del ciclismo al tempo della pandemia, il risultato della nuova (a)normalità. Una tendenza nata negli anni Ottanta, secondo il gruppo dei reporter di lacourseentete.com, con La Vie Claire che schierò Bernard Hinault e Greg LeMond (in Italia analoghi tentativi, come la Salvarani con Felice Gimondi e Gianni Motta, non si rivelarono felici), soprattutto con la Sky che ingaggiò capitani di altre squadre e li trasformò in supergregari (da Edvald Boasson-Hagen a Geraint Thomas) e adesso con la Ineos, evoluzione della Sky, la UAE e la Jumbo. Un’altra categoria, un’altra dimensione. Qualcosa paragonabile, sempre secondo gli autori, a quello che è già avvenuto nel calcio con lo strapotere del Paris Saint-Germain, del Real Madrid e del Manchester United.
Un altro argomento caro a lacourseentete.com è il ciclismo donne. In un pezzo pubblicato il 1° ottobre 2021 e ripubblicato come introduzione al volume, William Fotheringham scrive di “non poter mai dimenticare una conversazione con Lizzie Deignan”, fuoriclasse britannica quest’anno vincitrice della prima edizione della Parigi-Roubaix, “in cui discutevamo del costo di una squadra di WorldTour femminile e lo stimavamo a fatica come l’ingaggio di un supergregario spagnolo. Uomo, ovviamente”. La tendenza alle supersquadre si verifica anche fra le donne, e le eccezioni confermano la regola del loro strapotere, compreso quello delle nazionali nei vari campionati. Come è successo per Elisa Balsamo, capace di sbaragliare le Olandesi Volanti al Mondiale.
Saltellando qua e là, “Racing in the time of the Super-Teams” offre spunti di riflessione e curiosità. “San Remo è una corsa da puristi, intrisa in una lunga tradizione. Molti l’hanno paragonata a un incontro di cricket perché richiede la pazienza e l’oscura conoscenza che confonderebbe un osservatore casuale, ma la renderebbe eccitante per quelli che sono abituati alle sfumature dello sport” (pagina 33). “Colbrelli, descritto dallo scalatore della B&B Hotels Pierre Roland ‘forte come una vacca’...” (pagina 109). “’Nulla cambierà se non si cambiano le regole. E’ semplice’ ha detto il direttore sportivo di BikeExchange Matt White. ‘Il Tour de France è il più grande evento dell’anno e tutti fanno attenzione a loro stessi. Parlando con i nostri ragazzi sul pulmann, c’è una generale mancanza di rispetto reciproco nel gruppo. Ci sono corridori che prendono un sacco di rischi’” (pagina 124). E la foto sulla quarta di copertina – il risorto Mark Cavendish in maglia verde di leader della classifica a punti al Tour, scortato sul doppio Ventoux da quattro compagni della Deceuninck – rende l’idea di quanto sia importante, se non decisivo, il potere della squadra. Ha ancora senso considerare il ciclismo, questo ciclismo, uno sport individuale?
Modestamente io dico, per la sopravvivenza (e per la bellezza) del ciclismo, di sì.
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