Mamma Tonina ha incontrato per la prima volta il pubblico ministero riminese Paolo Gengarelli, titolare della prima inchiesta sulla morte del figlio le cui conclusioni non sono mai state scalfite nonostante le tante nuove indagini sul caso, finora tutte archiviate. Un faccia a faccia, quello avvenuto il 30 agosto, del tutto privato, tra due persone ricche di umanità. Avrebbe dovuto rimanere riservato, ma la presenza di Tonina Belletti in tribunale, accompagnata dall’avvocato Fiorenzo Alessi, non è passato inosservata.
I protagonisti non hanno rilasciato dichiarazioni, ma avrebbero confidato a persone a loro vicine che si è trattato di un incontro amichevole che mette fine a diciassette anni di equivoci e incomprensioni. Il pm Gengarelli, per il rispetto dovuto al dolore di una madre, non ha mai replicato alle accuse, alle insinuazioni e ai sospetti nei confronti degli investigatori avanzate pubblicamente, in modo più o meno aperto, a partire dall’avvio della seconda inchiesta.
Nel nome di Marco, Tonina ha voluto fare questo passo, spiazzando anche quanti finora l’avevano consigliata diversamente: ha cercato l’incontro con il magistrato per guardarlo negli occhi, capire ed esprimere direttamente a lui i dubbi che continuano ad assillarla sulla tragica morte del figlio. Le è apparso in sogno suggerendole di “fare pace con i giudici”.
Si può ipotizzare che ognuno sia rimasto della propria idea, ma almeno si è sgombrato il campo dai complottismi o dalla teoria dei pregiudizi da parte della procura di Rimini. La donna è uscita soddisfatta dal colloquio, salvo poi commuoversi al ricordo di Marco, un dolore che non potrà mai rimarginarsi. Le è stato probabilmente spiegato, e forse ha capito dopo i tanti tentativi falliti di ribaltare le conclusioni di quella prima inchiesta, che non c’era alcuna malafede negli investigatori, tanto meno nel magistrato dell’epoca, e che ci si è basati esclusivamente sui fatti. Esiste una verità processuale, ma qualora emergano fatti nuovi, non opinioni o suggestioni, ma fatti nuovi non ancora vagliati, il caso potrà essere ancora riesaminato in futuro.
Inutile sottolineare che nessuna evidenza o smentita, per quanto logica e razionale, potrà mai fare breccia nel dolore di una madre. Fu proprio il sesto senso di Tonina, descritto da lei stessa come «un flash», a farle pensare all’omicidio quando venne raggiunta dalla tragica notizia il 14 febbraio 2004. Era in Grecia, non vedeva il figlio da due settimane dopo un burrascoso addio familiare. «L’hanno ucciso», ripeteva convinta sul traghetto che la riportava in Italia diciassette anni e mezzo fa. Niente potrà mai convincerla mai del contrario, specie adesso che una larga parte dell’opinione pubblica, in tempi di post-verità, si è fatta la stessa idea. «L’hanno ucciso» ripete oggi convinta che tanta determinazione. Crede che sia un dono che le viene dall’alto, dal suo stesso Marco al quale era tanto legata: vuole che combatta ancora per lui. La riconciliazione con il magistrato che aveva tanto attaccato, in realtà inattaccabile, è un passo che chiude un capitolo, ma non mette la parola fine al libro delle battaglie di Mamma Tonina. Lascia il tribunale di Rimini, ma ha davanti un altro viaggio e magari un altro avvocato o un’altra procura da consultare.
dal Corriere di Romagna a firma di Andrea Rossini