L come Landa. Nel senso di Mikel, corridore spagnolo. Basco, anche se al Giro si è ripresentato in versione casco. Non ha una vita spericolata, come direbbe Vasco: eppure vive momenti che bruciano come il tabasco. Basco e tabasco, insomma: quanto a Venere, fatti suoi. Partito con la dichiarata ambizione di puntare all’albo d’oro, è già fuori dopo cinque tappe: non una novità, nella sua carriera purtroppo Landazzo è questo. Addio sogni di Landismo, come vengono chiamati i momenti in cui si esalta ed esalta perché non salta: quando invece è costretto a fermarsi, non ha mai una motivazione bLanda. Quattro anni fa, tappa del Blockhaus, gli piombò addosso un avversario finito contro una moto della Polstrada ferma a bordo strada, stavolta gli è piombato addosso un avversario finito contro un addetto alla segnaletica: quando piovono ciclisti, lui è senza ombrello. Così conquista ancora il Giro della jella, successo per cui non vale certo la pena di mettersi in testa una ghirLanda. Non gli resta che armarsi di pazienza e riprovarci: prima o poi riuscirà a raggiungere la sua SamarLanda.
T come Tagliani. Nel senso di Filippo, neoprofessionsta dell’Androni. Si riconosce perché è il primo ad andare all’attacco in ogni tappa: si muove con tale anticipo che potrebbe confondersi con la carovana che precede la corsa. Si comporta così da quando, alla vigilia della crono, il suo ds Ellena l’ha avvisato che sarebbe stato il primo a partire: l’ha preso come un ordine di servizio fisso. Venticinque anni, bresciano di Gavardo, ha ereditato la passione per la bici dal nonno Emilio, titolare della trattoria Trote: se la trattoria si fosse chiamata Bici, sarebbe diventato un pescatore. Ha iniziato a correre a sei anni e ha seguito lo stesso percorso del conterraneo Roberto Ferrari: stesso paese, stesse squadre, stesse vittorie, stessa maglia dell’Androni, stessi hobby e stesso interesse per le ragazze. In squadra è l’erede naturale di un altro compaesano, Marco Frapporti: come lui, quando dice che gli scappa, si riferisce alla fuga e non a una necessità fisiologica. In squadra lo chiamano Taglia: non perché è il diminutivo di Tagliani, ma perché appena intravede l’occasione taglia la corda. I suoi compagni sanno che ha giornate buone (Taglia forte) e giornate in cui lascia fare agli altri (Taglia comoda). E’ un ragazzo perbene, che parla correttamente e non tarTaglia, che non si presenta mai in vesTaglia e non frequenta genTaglia. Come ciclista è sempre pronto alla batTaglia: gli va bene qualsiasi tappa, specialmente quelle che passano sul Tagliamento. Da come si è presentato sulle strade rosa, ha lo spirito giusto per lasciare un segno: non a caso, sta correndo un grande Giro di Taglia.
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