B come Bugno. Nel senso di Gianni, vincitore di un Giro e due Mondiali. Oggi elicotterista: come nello sport, continua a volare alto. Commentatore Rai lo scorso anno, è stato congedato in fretta: ci sta che gli girino un po’ le pale. Nella sua versione più recente, si presenta con una chioma da Re Leone, pur non essendo titolare del soprannome: è come se non fosse stato avvisato che il lockdown è finito ed è ora di uscire dalla foresta (di capelli). Col suo personalissimo lookdown rappresenta bene i ciclisti, dei quali è il leader mondiale: le misure di sicurezza (casco di capelli), i rischi in gara (caduta dei capelli), le inevitabili divisioni interne (frangia), le idee (colpi di luce) e le inevitabili concessioni (piega). Dato il suo prestigio, occupa una posizione stabile, meglio dire permanente. Quando affronta un tema importante spacca in due il capello, senza alcuna sfumatura: se è proprio il caso, la preferisce alta. E su certe tematiche non la tira per le lunghe: non ama che ci sia una coda. Meglio non farlo arrabbiare: specialmente ora, è dura tenergli testa quando ha un diavolo per capello. Ha gusti semplici, anche a tavola: pranza con un ciuffo di insalata, se va su carne o pesce li vuole alla piastra. Nella nuova veste di Gianni Bulbo, un occhio al Giro continua a darlo: gli è piaciuta l’impresa di Van der Hoorn, che dopo una lunga fuga ha vinto per un capello. Ma più di tutti apprezza uno dei nostri, il fuggitivo Tagliani, detto Taglia: per lui quasi un consiglio.
F come Fiorelli. Nel senso di Filippo, velocista della Bardiani Csf Faizanè. Più che un velocista, come ha dimostrato col terzo posto nella prima tappa dura a Sestola: piazzato allo sprint, piazzato in salita, studia da uomo squadra, facendola da solo. Si nota perché è rosso di capelli ed è ben strutturato (è alto 1,83 e pesa 68 chili): la vera impresa l’ha fatta chi, in tv e sui giornali, è riuscito a non vederlo. Ventisei anni, alla seconda stagione da pro, viene da un comune alle porte di Palermo, Ficarazzi: in effetti vuole andare come un missile, il resto sono affari suoi. E’ educato, simpatico, ma non ha attitudini da showman: dalle sue parti di Fiorelli ce n’è già uno. Al ciclismo vero è arrivato tardi, già ventenne: prima giocava a basket, ma non gli piaceva sentir parlare dei cesti di Fiorelli. A dare una svolta alla sua vita è stata l’apertura di un negozio di bici sotto casa: fosse stata una ditta di spurgo fognature, gli sarebbe andata peggio. Ha iniziato con gli amatori, perché studiava lavorando come cameriere e viceversa, poi ha deciso di puntare su se stesso e si è trasferito al nord per diventar ciclista, pronto ad accettare fatica e sacrifici: si è presentato in modalità Fioretti. Dice di non avere ancora capito che razza di corridore sia, così i compagni lo chiamano Valverde, Sagan, a volte anche Visconti: siccome è in camera con lui, non ci casca. Intanto tiene alta la bandiera della Bardiani Csf Faizanè confermando la tendenza di casa Reverberi: di tanti modi per insegnare buon ciclismo, c’è anche quello di dirlo con i Fiorelli.
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