L'ORA DEL PASTO. LA FORMULA DELL'INVINCIBILITA'

STORIA | 16/03/2021 | 08:05
di Marco Pastonesi

Giovanni Biestro era il portinaio della basilica di Superga. La mattina puliva il pavimento dell’androne e apriva le porte, poi si rinchiudeva nel gabbiotto. A mezzogiorno si recava in mensa per un piatto di minestra. Alle otto di sera chiudeva tutto a chiave e raggiungeva la sua cameretta in un cortile interno. Una vita nascosta, modesta, rituale, monotona. Fino al 4 maggio 1949. Quando un aereo si schiantò contro il muro perimetrale della basilica. Erano da poco trascorse le cinque del pomeriggio. Biestro fu tra i primi ad accorrere fra quei rottami. Sotto la pioggia e le macerie, tra fiamme e fumo, nello sgomento e nel dolore, il Grande Torino.


Si racconta che Biestro raccolse le ultime parole di un giocatore del Torino. E qui continua Aldo Grasso: “Forse Ezio Loik di Fiume, forse Valentino Mazzola di Cassano d’Adda, forse Valerio Bacigalupo di Vado Ligure. Parole che dovevano essere pesanti come un macigno perché da quel pomeriggio Biestro non chiuse più occhio”. Ancora Grasso: “Il giocatore del Torino consegnò un messaggio a Biestro per Fausto Coppi. Nessuno ha assistito a quel dialogo e così è fiorita la leggenda che in quelle stente parole fosse racchiuso il segreto dell’invincibilità. Una specie di formula magica, la ricetta dell’onnipotenza sportiva”. Un mese dopo il Giro d’Italia sarebbe passato non lontano da Superga. Biestro per quattro giorni lasciò postazione e compiti. Sempre Grasso: “Non riuscì a parlare con Fausto Coppi ma riferì le parole che sapeva a Biagio Cavanna, il famoso ‘masseur’ del campionissimo. Ci riuscì il 9 giugno perché conosceva le strade della Valle Stura sulle quali si stava srotolando la carovana del Giro. Cavanna parlottò a lungo con Coppi la notte che precedette la Cuneo-Pinerolo”.


La formula dell’invincibilità funzionò. E la Cuneo-Pinerolo, 192 chilometri di fuga solitaria, è entrata nella storia come la più grande impresa ciclistica di sempre. Grasso: “Perciò Fausto Coppi salì subito a Superga a cercare Giovanni Biestro. E lo trovò. E gli parlò. Ed uscì con la faccia scura”.
La ricostruzione storica di Grasso fa da introduzione al libro “Fausto Coppi – il grande airone vola ancora”, curato da Giuseppe Castelnovi e Paolo Andrea Mettel, ripubblicato da Metteliana nel 2019 (e colpevolmente trascurato nel centenario della nascita di Coppi). L’opera, con prefazione di Pier Bergonzi, cita testi di autori prestigiosi: Vergani, Roghi, Zavoli, Gatto, Fattori, Montanelli, Pratolini, Buzzati, Paoli, Roversi, Brera, Malaparte, Ortese, Chany, Biagi, Arpino, Raschi e Cannavò. Ma è Grasso a far venire i brividi con il racconto di Biestro. Dopo la tragedia, e dopo la Cuneo-Pinerolo, il custode della basilica riprese la sua vita di sempre, la gente saliva a Superga non per vedere le tombe dei Savoia, ma per rendere omaggio alla squadra più forte di tutti i tempi. Lui non sopravvisse che poche settimane: fu trovato nella sua cameretta, sembrava dormire, ma il cuore non batteva più. E la formula dell’invincibilità – morto Biestro, morto Coppi, morto Cavanna – è rimasta segreta.

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