Giulio Ciccone ha recuperato la sua serenità dopo un anno difficile e adesso è pronto per ripartire. Sarà una stagione importante la sua, con il Giro d’Italia e la Vuelta di Spagna, ma se in Italia sarà al fianco di Vincenzo Nibali, alla Vuelta metterà i gradi di capitano. Per il ragazzo della Trek-Segafredo il 2021 sarà un anno per mettersi alla prova e, ad attenderlo, ci saranno anche le Olimpiadi di Tokyo con un percorso adatto alle sue caratteristiche.
Con quale spirito ripartirà quest’anno, considerando quanto ha vissuto nel 2020?
«L’umore è buono, sono pronto per ripartire».
Purtroppo siamo ancora alle prese con il Covid-19 che lei ha avuto: pensa di sottoporsi al vaccino, quando sarà possibile?
«Il virus ormai fa parte dei nostri giorni e della nostra vita, io ho avuto il Covid, ma sono favorevole al vaccino e vorrei vaccinarmi quando sarà possibile. Ho passato momenti brutti e sono il primo a dire che tutto questo può essere evitato».
Il suo sarà un calendario molto impegnativo, le piace quello che le è stato proposto?
«Lo spirito è giusto e anche la fiducia da parte della squadra mi dà morale. E’ un calendario importante e sono contentissimo di tornare al Giro perché ho un conto in sospeso con questa corsa. Dopo il Giro del 2019. ritrovarmi in quelle condizioni l’anno scorso mi ha fatto male sia fisicamente che moralmente. Da parte mia la voglia di tornare al Giro come primo obiettivo è tanta e la squadra mi ha accontentato. Poi è arrivata anche la novità con la Vuelta che non ho mai corso, per la quale la squadra mi ha affidato la responsabilità di essere capitano. Avrò l’occasione di giocare le mie carte e provare a capire cosa posso fare nelle gare vere, quelle di tre settimane. Il calendario sarà ricco anche di altre corse di primo livello come Milano-Sanremo e Tirreno-Adriatico. E’ un calendario importante e adatto a me».
Come si inseriscono le Olimpiadi in questa stagione così ricca di impegni?
«Le Olimpiadi insieme al Mondiale erano il sogno della stagione passata poi, tra Covid-19 e problemi vari, è saltato tutto. I Giochi restano comunque un obiettivo per me, ma dobbiamo capire anche le intenzioni del cittì azzurro, non so ancora nulla a riguardo. Comunque nel mio calendario è stato ritagliato un periodo di preparazione e un programma adatto per questo grande evento».
Parlando di Olimpiadi e di Mondiale, cosa le piace dei percorsi e che ritiene adatto a lei?
«Riguardo le Olimpiadi avevo studiato il percorso lo scorso anno, informandomi e documentandomi. Avevo parlato anche con Davide Cassani su come affrontarlo. Il percorso è duro ma è adatto a me, il clima è particolare, è molto umido. Una corsa dura ma ideale per le mie caratteristiche e Davide aveva deciso di fare una squadra di scalatori. Per il Mondiale non ho guardato, perché comunque so che non sarà adatto alle mie caratteristiche».
Per le Olimpiadi avrete anche il problema del fuso orario: per correre al meglio la gara Olimpica, con quanto anticipo dovreste arrivare in Giappone?
«Ho provato questa esperienza con la Japan Cup nel 2019, per noi 4 giorni erano stati sufficienti ma per correre bene un’Olimpiade bisognerebbe arrivare non meno di una settimana prima, per essere al top il giorno della gara».
Per essere al massimo nel 2021 ha deciso di fare anche l’intervento di rinoplastica. Ha già riscontrato dei benefici?
«L’intervento di rinoplastica l’ho fatto a fine stagione dopo il Giro: visto che questa è stata un’annata particolare dove non potevamo fare molto e anche l’umore non era dei migliori, abbiamo deciso di fare questa operazione, che devo ammettere avevo paura di fare, er risolvere un pfroblema pregresso. Era un intervento che dovevo fare da parecchi anni e così mi sono fatto coraggio. Sto riscontrando molti benefici, adesso finalmente respiro anche nella fase di recupero nel sonno, sto guadagnando tanto ma so che la respirazione deve ancora migliorare. È cambiato anche un po’ il profilo dal punto di vista fisico: il naso lo avevo rotto due volte, la prima da bambino in bici e poi nel 2015 all’ultima tappa del Tour del’Avenir. Con il naso di adesso sono un po’ più Giulio Ciccone e un po’ meno Dante Alighieri».
Che idea si era fatto dello scorso Giro?
«Nel mio carattere c’è sempre grinta e voglia di fare anche quando non c’è la forma. Star fermo per più di due settimane e poi essere al Giro è stata una prova di coraggio, in particolare nei primi giorni dove le gambe non erano ancora buone, ma l’umore era alto e sapevo che sarei migliorato. Ho avuto giornate, come a Roccaraso, in cui stavo trovando sensazioni buone e avevamo fatto delle belle azioni, sapevo di poter tornare competitivo. Però quando ci sono problemi di salute non puoi farci nulla e non puoi competere. Sono passato dall’essere davanti con trenta corridori a staccarmi da 100 corridori».
Correrà la sua prima Vuelta e lo farà con i gradi da capitano. Quale risultato vorrebbe raggiungere?
«Non ho grandi punti di riferimento. Per il momento prendo in considerazione il 2019, che è stato l’anno in cui ero competitivo in salita. Poi sono andato al Tour con una mentalità diversa e sono rimasto nei primi 5 fino all’inizio della seconda settimana. L’obiettivo è di essere nei top 5, più indietro nella top ten sarebbe sarebbe un buon risultato lo stesso, non dico deludente, ma sotto le aspettative».
E’ stato un anno particolare il 2020: quale il momento più bello e quello che invece vorrebbe dimenticare?
«Il momento più bello è stata la vittoria al Laigueglia, non solo per il risultato ma perché arrivavo da un periodo sereno, con una stagione buona, avevo iniziato subito con una vittoria ed era quel successo che cercavo da mesi dopo che mia mamma era stata male, quindi c’era anche un valore affettivo. Il ritiro dal Giro è stato il momento più difficile: quel giorno ha superato anche la notizia della positività al Covid. Quel ritiro ha fatto male a tutto: al corpo e alla mente».
Chi saranno i suoi avversari quest’anno considerando le sue caratteristiche?
«Sono rimasto legato ai ricordi del 2019, non ho avuto modo di scontrarmi con tanti corridori noti e con la nuova generazione lo scorso anno. Dobbiamo pensare che la stagione passata ha penalizzato atleti importanti e penso che questa potrà essere la stagione della rivincita dei grandi scalatori».
Lei è arrivato al Word Tour dopo tre anni di professionismo. Tiberi quest’anno sale tra i professionisti dopo un solo anno da under 23. A suo avviso cosa sta succedendo?
«Sicuramente Tiberi sarà il futuro, è un giovane promettente. Io sulla mia pelle ho fatto un percorso più graduale, con tre anni da dilettante dove comunque ho fatto un Giro d’Italia e ho avuto un impatto meno brusco. Ogni corridore ha le proprie caratteristiche, forse io ero meno maturo fisicamente e mi ha fatto bene fare qualche anno di maturazione. Fisicamente non ero pronto per buttarmi nella mischia, ho aspettato per trovarmi pronto nelle corse di livello maggiore».
Pensa che i giovani vengono fatti correre troppo, che in qualche modo stiano bruciando le tappe?
«Ormai il livello dei giovani si è alzato tantissimo, basta guardare i risultati degli ultimi grandi giri. Prima i giovani a 21 anni vincevano gare minori, oggi vogliono già correre per vincere un grande giro. I giovani forti vogliono fare di tutto per mettersi in luce presto».
Il suo calendario con precisone quale sarà?
«Inizierò con la Valenciana e poi andrò all’Argarve. La Tirreno-Adriatico sarà il primo test quindi farò la Milano-Sanremo e mi preparerò per il Giro, ma salterò le Ardenne per lavorare in altura. Da programma dovrei tornare a Monaco ma sto valutando se rimanere in Spagna fino alla Valenciana».