GLI ANNI DELL'INNOCENZA

TUTTOBICI | 28/10/2020 | 08:00
di Cristiano Gatti

Il fatto è che non ci si può distrarre un attimo, perché subito ci si ritrova in un altro mondo. O forse è solo una percezione mia. Ma mi succede questo: fino all’altro ieri consideravo il nuovo ciclismo una faccenda degli Alaphilippe e dei Van Aert, il tempo di un amen e quasi me li ritrovo già vecchi. Il primo ha 28 anni, il secondo 26, so­no chiaramente nel fiore degli anni e della carriera. Eppure.


Eppure siamo qui a dire che l’oggi, non il do­ma­ni, sono i grandi duelli e le grandi rivalità tra i Pogacar, i Bernal, gli Even­e­poel. Il più vecchio - il colombiano - ha 23 anni. E non dico altro. Per noi del ciclismo, dico la gente che lo ma­stica e lo frequenta da un po' di anni, suona come una so­lenne eresia. E chi dice il contrario mente a se stesso. Non credo di essere il solo ad aver sentito dire mille volte, dalla scuola ortodossa di questa di­sciplina, che il giovane va aspettato, che non bisogna bruciarlo subito, che le grandi corse richiedono un lungo periodo di apprendistato per sviluppare una necessaria esperienza, che lo stesso fisico ha bisogno dei suoi tempi di maturazione e di crescita, ec­cetera, eccetera, eccetera. Ab­bia­mo ancora chiari davanti agli occhi gli esempi più probanti, quell’Indurain che conclude lo svezzamento e diventa qualcuno non prima dei 26 anni, perché devi capirla, non si possono bruciare le tappe, non si possono saltare i passaggi naturali, ci sono fasi ne­cessarie che vanno rispettate in modo naturale. Guarda Sa­ronni, che ha vinto subito: è un’eccezione clamorosa, oltretutto poi la sua carriera è du­rata relativamente poco. Dai retta, l’età migliore dei ciclisti ormai si sta portando sui trent’anni, nell’attesa non bi­sogna avere fretta e tanto meno pretendere...


Alla faccia dei tempi giusti e dei passaggi necessari. Tutta questa letteratura, tutto questo sapere consolidato, tutte quante le certezze vanno im­pacchettate e buttate nell’indifferenziato. Abbiamo da­van­ti l’esatto contrario: Eve­nepoel che prima di fracassarsi rifila sberle ovunque alla simpatica età dei vent’anni, Bernal che sarebbe il più vecchio e a 22 aveva già un Tour in tasca, Pogacar che addirittura lo migliora vincendo a 21, anche se poi compie i 22 a vittoria appena siglata.

Che dire di fronte a questo fungo atomico di stampo anagrafico? Co­sa pensare? Quale conclusione tirare? A me non sembra che serva un grande sferragliare di cervelli per comprendere, ancora una volta, una legge fondamentale della vita, basilare per ogni saggezza, anche se peraltro non ce la ricordiamo mai: qui a questo mondo, ciclismo compreso, l’unica certezza è che non ci sono certezze. Proprio no. La vera soluzione è tenere conto che l’esperienza serve sempre, ma che non può essere un tappo, un tabù, un freno per chi non l’ha ancora per motivi naturali. Di più. È meglio considerare che magari, qualche volta, l’energia vitale, l’entusiasmo, la freschezza possono risultare più incisivi e decisivi dell’esperienza, senza che per questo ci si deb­ba impermalosire.

Alla fine, alla resa dei conti, il più bravo in cattedra non è quello che difende coi denti le proprie certezze, ma chi se ne li­bera prima, chi è pronto a cogliere subito le belle novità, adattandosi velocemente alle improvvisate della vita. Dire che adesso Pogacar, Bernal, Evenepoel sono i più forti, non significa dire che l’esperienza non serva a niente. Si­gnifica semplicemente dire che non serve solo l’esperienza.

E comunque, io non ho difficoltà a riconoscerlo: tra la prevedibile e calibrata ascesa di un trentenne, comunque rispettabile, e l’esplosione imprevedibile e fulminea di un ventenne, personalmente scelgo la seconda. C’è qualcosa, in questi ventenni irresistibili, che mi affascina alla grande. Ragazzini padroni del mondo. Gli anni dell’innocenza che dettano legge e che sconvolgono la tradizione, più forti delle ma­lizie, dei calcoli, delle programmazioni. Una bellezza. L’unico rammarico, inconfessabile: ce ne fosse uno italiano, porca miseria.

da tuttoBICI di ottobre

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COMMENTI
Ok
28 ottobre 2020 08:25 fido113
Ragionamento che non fa una piega diretto a chi cerca chissà quali oscuri metodi ci siamo dietro.

Italiani
28 ottobre 2020 08:52 Ponciarello
Non ce ne sono perché qua sbagliamo l'avvicinamento, troppo affidato al caso. Il capitale umano a livello giovanile ci sarebbe, ma non è intercettato.
All'estero arrivano al ciclismo grazie all'intuizione di allenatori che intuiscono il potenziale di un ragazzino dopo averne fatto sperimentare vari sport (la tanto menzionata MULTIDISCIPLINARIETA').
L'abbassamento dell'età della maturità agonistica è "grazie" ai watt ed allo studio delle performance degli avversari, che permettono allenamenti sempre più finalizzati. Poi ci vuole l'agonismo e la fantasia del singolo per ribaltare il pronostico all'ultima crono del Tour, però solo a seguito di quello che ho detto prima.
Vedere la generazione del 1990 già sulla via del tramonto fa strano anche a me...

Da rivedere
28 ottobre 2020 10:36 Melampo
In passato abbiamo già avuto esperienze del genere.

Rivediamo questi ragazzi tra 3 - 4 anni, e quelli che più lentamente maturano nel tempo.

Solo allora, il giudizio potrà essere motivato.

nuove generazione o vecchie storie?
28 ottobre 2020 13:43 italia
Che adesso ventenni vincono Tour, Giri e gare stupisce molto, soprattutto raffrontandoli con il passato dove occorreva tempo per farli maturare; addirittura vengono da altri sport (calcio, atletica leggera, salto con gli sci, ecc..) !!!
Inoltre ci sono cronometristi e scalatori e qualcuno addirittura velocista, cronometrista, scalatore.
Ma a qualcuno che si intende di ciclismo questa cosa sembra leggermente strana; fisiologicamente le fibre muscolari per uno scalatore, per un cronometrista, per un velocista hanno caratteristiche differenti; come può un corridore spingere in pianura un rapportone di 11 metri a 80 pedalate al minuto e poi andare in salita ad un frequenza maggiore e con un mini rapporto?
E’ difficile che uno scalatore diventi cronomen o il contrario.
Mi faceva un pò pena quando il buon Vincenzo, grande campione a benzina normale, d’inverno andava nella galleria del vento per migliorare la prestazione a cronometro di qualche centinaio di metri orari.
Secondo me l’unico corridore valido è Jai Hindley in quando rispecchia la fisiologia umana alla Nibali; va forte in salita, si difende a cronometro e non è forte in volata.
Per finire il sorprendente Dennis, secondo me non ha fatto una prestazione eccezionalmente straordinaria; perché la sua prestazione ragguagliata ai 21,5 km è più o meno uguale quella fatta registrare negli anni 90 da un cicloamatore di anni 60 (sessanta) che abitava dalle parti di Ferrara.
Saluti

Ponciarello
28 ottobre 2020 14:27 Alex85
Avevo scritto una lunga disamina sotto i voti del direttore Stagi al termine dell'ultima tappa del Giro: https://www.tuttobiciweb.it/article/2020/10/25/1603651466/i-voti-di-stagi-franco-pellizotti-tao-geoghegan-hart-jai-hindley-peter-sagan-vincenzo-nibali-le-scuse-a-pello-bilbao-mauro-vegni-giovanni-tredici
Già allora dicevo che mi stupisce sì il fatto di questi ventenni che vincono a ripetizione ma ancora di più il fatto che i trentenni come Aru, Quintana, Dumoulin, Bardet, Pinot non riescano più a incidere... Proprio oggi leggo del ritiro di Dumolin dalla Vuelta perché troppo stanco. L'unico trentenne che non si ferma è Roglic! Sarà perché è arrivato tardi al ciclismo e gli altri sono già con le pile scariche?
Non riesco proprio a spiegarmelo.

esperienza
28 ottobre 2020 18:13 Roubaix65
vanno bene le doti naturali, la genetica, la buona mano di madre natura, ma credo che l'esperienza abbia sempre un ruolo fondamentale. Probabilmente, con maggiore esperienza, Evenepoel non si sarebbe fracassato, ma avrebbe affrontato con la giusta cautela la discesa per poi rientrare in pianura. E ancora Bernal: non puo' essere che la debacle al Tour sia figlia dell'inesperienza a gestire la pressione? E non voglio entrare nel merito delle benzine e degli ottani.

giovani
28 ottobre 2020 20:22 alerossi
ricordo che la generazione del 1990 andava forte a 22/24 anni come i nuovi di oggi. sagan nel 2012 ha vinto la prima maglia verde, quintana nel 2013 podio al tour, kwiato nel 2014 vince il mondiale, pinot 2014 podio al tour, aru 2014 podio al giro. a parte remco, bernal, pogacar e gli altri sono precoci di quelli citato di solo 1 anno, non di più

Saronni non é stato affatto un'eccezione
29 ottobre 2020 00:52 pickett
La storia del ciclismo é piena zeppa di esempi di corridori che sono andati subito fortissimo,fin dal primo anno tra i pro:Hinault,Baronchelli,Gimondi,Fignon,potrei continuare per un pezzo.Semmai é vero il contrario:a partire dalla fine degli anni 80 abbiamo visto corridori mediocrissimi trasformarsi in campioni a trent'anni,e oltre;l'esempio + clamoroso bjarne Riis.Il motivo di queste metamorfosi é ben noto.Il vero campione si é sempre visto subito.

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