Nel ritiro della Trek Segafredo c’è una camera mondiale. Mads Pedersen, iridato tra i professionisti, la divide con Quinn Simmons, che ad Harrogate ha stracciato la concorrenza degli juniores e ora è pronto a fare il grande salto nella massima categoria. Il 18enne americano, campione nazionale sia della prova in linea che di quella a cronometro, ci racconta la sua emozione e la sua voglia di mettersi alla prova, soprattutto nelle grandi classiche del Nord, che nel 2020 affronterà in appoggio al compagno di stanza.
Cosa si prova ad essere in ritiro con campioni come Nibali e Pedersen?
«È eccitante e... assurdo avere compagni di cui fino a due mesi fa ero un fan. Passi anni da bambino a guardare i ragazzi del World Tour pensando che un giorno vorresti essere lì con loro, riuscirci è davvero una figata. Mi sembra ancora di vivere in un sogno, quando attaccherò il numero alla schiena diventerà tutto più reale, intanto mi godo ogni singolo istante. Inizierò a Maiorca, voglio imparare il più possibile, accumulare esperienza, aiutare i miei compagni e se possibile ben figurare in prima persona dalla primissima corsa fino al prossimo mondiale».
È vero che hai iniziato a correre su strada solo 19 mesi prima del mondiale nello Yorkshire?
«Praticamente sì. Prima ho corso per due anni in mtb, poi ho scelto di concentrarmi sulla strada perché mi piaceva di più e offriva maggiori opportunità per il futuro. Quando ero più piccolo ho praticato pattinaggio su ghiaccio e hockey. Dove sono cresciuto, a Durango, in Colorado tutti vanno in bici. È un piccolo paese di montagna dove d’inverno si scia e in estate si va in mtb. I miei genitori non c’entrano con questo ambiente, mio fratello Colby, minore di 3 anni, invece gareggia come me. Mamma e papà, che portano avanti una compagnia di costruzioni edili, sono felici per me, anche loro sono abbastanza sconvolti che nel giro di due anni sono passato dal non correre a essere un professionista del World Tour. A pensarci, è un cambiamento pazzesco».
Studi ancora?
«No, ho smesso da oltre un anno. Quando non sono impegnato con la bici, mi piace sciare e scalare le montagne. Amo lo sport a 360°. Non ho mai avuto poster nella mia cameretta, ma se ne avessi dovuto avere uno sicuramente sarebbe stato quello di Peter Sagan. Un fuoriclasse e uno showman. Visto che sogno un giorno di vincere la Roubaix o qualsiasi altro Monumento, ho sempre ammirato due campioni da classiche come Tom Boonen e Fabian Cancellara, due riferimenti per le classiche».
C’è una nuova generazione molto forte. Guardando cosa hanno già fatto talenti come Bernal, Evenepoel, Pogacar e Van der Poel, tu dove pensi di poter arrivare?
«Non avendo mai disputato nessuna gara nella massima categoria non posso dire di puntare alla top 10 o alla top 5 di una corsa nello specifico, posso solo aspettare e lavorare per capire a che livello sono. Sicuramente i risultati che hanno raccolto questi nomi dimostrano che i giovani possono far bene presto, avere un’occasione. Fisicamente siamo abbastanza forti o vicini all’essere pronti per confrontarci con chi ha più anni di noi, personalmente so che oltre che crescere fisicamente per me sarà importante imparare le tattiche, accumulare esperienza, imparare a correre per vincere».
I tuoi obiettivi per il primo anno tra i grandi?
«Voglio imparare dai migliori ragazzi che ho la fortuna di avere al mio fianco, aiutarli a ben figurare nelle corse a cui puntiamo. A fine stagione sarei felice di aver aiutato Mads e Jasper (Stuyven, ndr) a vincere una grande classica. Spero di essere all’altezza, farò del mio meglio per esserlo».
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