Pochi corridori hanno un seguito di tifosi (e, soprattutto, tifose) come Mikel Landa. Tralasciando gente come Peter Sagan, che ha conquistato il pubblico con vittorie in tripla cifra e un numero ancor più impressionante di impennate, quello che caratterizza l’amore del pubblico per Landa è un sentimento che resiste anche alle cadute più improbabili e rovinose: non contano successi e sconfitte, la popolarità del campione basco è legata al suo modo di pedalare quando la strada sale. Elegante, leggero, votato sempre e comunque all’attacco. A volte funziona, altre no: in ogni caso Mikel ci prova.
Nasce così il landismo, la religione su due ruote che riunisce i suoi adepti. Quello che era un termine coniato per il mondo del cinema (in onore dell’attore Alfredo Landa) è stato adottato da chi nel ciclismo cerca qualcosa in più di giochi di squadra e strategie radiocomandate.
In nome delle gerarchie di squadra, del resto, proprio Landa ha dovuto troppe volte rinunciare alle proprie ambizioni personali. Nel 2020 però avrà una grande occasione, visto che la Bahrain l’ha ingaggiato per andare a riempire il vuoto lasciato da Vincenzo Nibali.
Dieci anni nel World Tour e per la prima volta avrà un ruolo da leader indiscusso. Con che aspettative?
«Questa opportunità arriva al momento giusto: ho 30 anni, l’esperienza non mi manca e arrivo in una formazione ambiziosa».
Che effetto le fa sostituire Vincenzo Nibali?
«E’ un grande onore, perché è un campione che ammiro. Cercherò di non farlo rimpiangere».
Un podio al Giro d’Italia del 2015 e poi molta sfortuna. Quale risultato delle ultime stagioni le va più stretto?
«Il quarto posto finale al Tour de France 2017, a un secondo da Romain Bardet e dal podio».
Cosa risponde a chi sostiene che lei è troppo lento a cronometro per puntare alla vittoria in un Grande Giro?
«Rispondo con un nome: Richard Carapaz. Se lui è riuscito a vincere l’ultimo Giro d’Italia, significa che noi scalatori non dobbiamo smettere di crederci».
Nell’era Bernal, c’è ancora spazio per gli avversari o è l’inizio di un nuovo monopolio?
«Egan non è imbattibile, ma è sicuramente un corridore molto completo: straordinario in salita, soprattutto in altura, corre bene anche a cronometro»
Con la nuova squadra lei farà qualcosa di speciale per migliorare a crono?
«Il coinvolgimento di McLaren nel team può essere la nostra arma in più. Nelle prossime settimane, probabilmente a gennaio, mi recherò a Woking per fare dei test nella galleria del vento».
A dirigere la Bahrain è arrivato Rod Ellingworth. Avevate lavorato insieme alla Sky?
«L’ho conosciuto quando ero alla Sky, ma non ho mai lavorato direttamente con lui».
Nel nuovo ruolo di leader della Bahrain, cosa copierà dai suoi ex capitani?
«Ognuno di loro mi ha insegnato qualcosa, da Samu Sanchez quando ero all’Euskaltel sino a Valverde alla Movistar».
Da Nibali, quando eravate compagni all’Astana, cosa ha imparato?
«Al suo fianco ti rendi conto che ogni giorno, ogni tappa, offre una possibilità».
Froome invece cosa le ha insegnato?
«A studiare in maniera quasi maniacale il percorso. E a conoscere te stesso».
E cosa può trasmettere Landa, da capitano, ai propri compagni?
«La determinazione nell’andare avanti, nonostante le difficoltà».
da Tuttosport a firma di Andrea Schiavon
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