Doveva essere l'anno in cui lanciare definitivamente la sua carriera, e invece Riccardo Minali si ritrova catapultato in un incubo. A fine ottobre, il velocista veneto è ancora senza contratto e, al momento, non ci sono trattative vere e proprie in piedi. Impegnato al Tour of Guangxi nell'ultimo appuntamento stagionale con la Israel Cycling Academy, che non gli ha rinnovato il contratto, il figlio d'arte ha centrato due top 10 nelle prime due tappe, ma per ora non basta.
«Starei anche bene fisicamente, le tappe qui mi piacciono perché non sono particolarmente dure - spiega a tuttobiciweb - È l'ideale per finire la stagione. Il problema è che non ho un contratto per la prossima». Demoralizzato, quasi rassegnato, il classe 1995 di Isola della Scala non si sarebbe immaginato di ritrovarsi in questa situazione, a maggior ragione per il fatto che è sempre stato considerato uno dei migliori velocisti italiani emergenti: «C'è qualche contatto, ma poca roba ad essere onesti. Con il mio procuratore ci stiamo adoperando in tutti i modi, ma ad oggi non c'è quasi nulla. Ormai ho anche smesso di essere ottimista, è da luglio che mi dicono di esserlo e per ora non si è concratizzato nulla. Non sono in una situazione facile».
Con gli israeliani non è mai scattato un buon feeling e, anzi, il veronese vuole togliersi qualche sassolino dalla scarpa: «Ho fatto poco su poco, in questa squadra non mi sono trovato per niente bene. 40 giorni di corsa, luglio e agosto fermo senza motivo, visto che comunque la squadra ha corso tanto, pochissimi risultati. Mi avevano promesso mare e monti, e invece non sono state neanche pianure padane».
L'acquisizione della Katusha, infine, ha spezzato le sue poche speranze di rinnovo, che secondo lui non sarebbe comunque arrivato: «Il fatto che si sia unita con la Katusha non ha contribuito, ma sinceramente penso di non essere mai stato nei piani di questa squadra - continua Minali - Anche prima che si sviluppasse questa unione non mi avevano mai parlato di rinnovo. Insomma si vede quando a qualcuno non importa nulla di te. A 24 anni rischio di smettere di correre».
A quel punto viene fuori anche un importante componente psicologica di un ragazzo professionista da appena tre anni che deve lottare per il suo futuro, senza avere effettivamente i mezzi per farlo, visto che le occasioni per brillare sono state molto poche: «È tanto difficile correre in queste situazioni, perché anche se magari hai le gambe, pensi chi te lo faccia fare e quest'anno mi è capitato spesso. Mai come in questa stagione ho avuto tanta forza di volontà, mi sono sempre allenato al massimo, penso di non essere mai stato così magro. Però ad un certo punto ti viene da dire basta; se non l'ho fatto è grazie soprattutto alle tante belle persone che ho attorno».
I migliori risultati stagionali sono stati il quarto posto di tappa al Tour of Antalya, al Giro di Sicilia e alla Gooikse Pijl, a conferma del fatto che non sia mai riuscito ad esprimersi sui suoi livelli, visto che in maglia Astana era riuscito a competere anche su palcoscenici più prestigiosi. Qui in Cina, però, avrà ancora due/tre occasioni per migliorarsi e far vedere di essere ancora un uomo su cui poter contare: «Sembra quasi che qualcuno ce l'abbia con me, anche se ho le gambe non riesco ad esprimermi per un motivo o per l'altro. Anche nella tappa di ieri penso che avessi in canna una top 5, e invece una sbandata di Bauhaus (poi retrocesso, ndr) mi ha chiuso alle transenne quando stavo arrivando a grande velocità».