Il Tour of Guangxi, scattato oggi, è l’ultimo appuntamento di WorldTour della stagione 2019 ma lo sguardo di squadre e corridori è già volto al prossimo anno.
In casa UAE Team Emirates l’organico è già stato definito e saranno trenta i corridori che difenderanno i colori della formazione emiratina nel 2020.
Ventidue i corridori confermati e cioè Fabio Aru, Tom Bohli, Sven Erik Bystrøm, Valerio Conti, Alberto Rui Costa, Fernando Gaviria, Sergio Luis Henao, Alexander Kristoff, Vegard Stake Laengen, Marco Marcato, Yousif Mirza Al-Hammadi, Juan Sebastian Molano, Cristian Muñoz, Ivo Emanuel Oliveira, Rui Filipe Oliveira, Jasper Philipsen, Tadej Pogačar, Jan Polanc, Edward Ravasi, Aleksandr Riabushenko, Oliviero Troia e Diego Ulissi.
I nuovi acquisti sono David De La Cruz dal Team Ineos, Joseph Lloyd Dombrowski dalla EF Education First, Davide Formolo dalla Bora Hansgrohe, Brandon McNulty dalla Rally - UHC Cycling e Maximiliano Richeze dalla Deceuninck Quick Step.
È tempo di analisi, e il bilancio della stagione lo facciamo insieme a uno che nel team UAE Emirates ricopre un ruolo strategico e di raccordo, d’esperienza e d’immagine: Beppe Saronni.
«Nel 2019 abbiamo ottenuto fino ad ora 28 vittorie (l'ultima propio stamattina all'alba con Gaviria, in Cina, ndr), con 34 secondi posti e 29 terzi. Gli uomini dell’anno sono stati nell’ordine Pogačar con 8 vittorie, Kristoff con sette e Ulissi con tre più una, visto che Diego ha conquistato anche la preolimpica di Tokyo in maglia azzurra. Insomma bene ma non benissimo. Abbiamo fatto un passo in avanti, anche se un team come il nostro può e deve fare di più, anche se abbiamo diversi motivi per essere soddisfatti e felici di questa stagione».
Pogačar ha messo tutti d’accordo…
«Tadej è chiaramente l’uomo dell’anno per noi ma non solo. È il nuovo volto del ciclismo mondiale. A soli 21 anni, fare quello che è riuscito a lui, non è da tutti. Adesso però incomincia la parte più difficile: confermarsi e mantenere i piedi per terra, ma di fronte a certi risultati non possiamo nasconderci e bisogna anche prendere atto della sua forza. L’unico rammarico, e lo dico da tifoso pur facendo parte di un gruppo che è una vera e propria multinazionale, è il fatto che non sia italiano...».
Pogačar uomo nuovo del ciclismo mondiale: non dimentica qualche altro talento?
«Massimo rispetto per quello che hanno fatto corridori come Van der Poel ed Evenepoel, ma a 21 anni quello che fa Taddeo non ha paragoni al mondo. E lo dico non perché è un nostro corridore ma perché le vittorie vanno contate sì ma anche pesate. E oggi al mondo, in quella che è una vera rivoluzione giovanile nel ciclismo, meglio di lui c’è solo Egan Bernal che a 22 anni ha vinto Parigi-Nizza, Giro di Svizzera e Tour de France».
Il futuro è dei giovani e voi avete investito su molti di loro...
«Siamo molto attenti alle giovani generazioni. Abbiamo per esempio Jasper Philipsen, che ha 21 anni e grandi potenzialità. Da lui mi aspettavo un acuto ma ha mezzi eccezionali e arriverà. Se guardiamo i nostri nuovi arrivi, solo Maximiliano Richeze è un “vecchietto” ciclisticamente parlando. Tutti gli altri sono giovani, alcuni già formati altri invece ancora da plasmare».
E l’Italia?
«L’Italia resta un’eccellenza e un punto di riferimento per il movimento del ciclismo mondiale, ha giovani interessanti che devono crescere, ma serve qualcosa di più. Ci sono Paesi come Slovenia, Gran Bretagna, Colombia, tanto per citarne alcuni, che investono nello sport, non solo nel ciclismo e raccolgono risultati. L’Italia ha una buona base ma deve stare attenta a queste nuove realtà e trovare le contromisure per aiutare i nostri giovani a scegliere lo sport e a crescere».
Torniamo al bilancio di stagione. Dopo Pogačar, un applauso va a...
«Sicuramente dobbiamo dire grazie a Kristoff che è una garanzia, un corridore serio e scrupoloso che non tradisce mai. E grazie a Ulissi che è stato molto costante, molto continuo, ha fatto un bel piazzamento alla Freccia Vallone e si meritava una vittoria di peso per coronare la sua bella stagione. E ci tengo a menzionare due corridori che sono stati fondamentali in un momento difficile per noi come il Giro d’Italia, quando ci siamo trovati con Aru e Gaviria fermi al palo: mi riferisco a Valerio Conti e Jan Polanc, sei giorni in rosa il primo e due il secondo. Sono stati bravi davvero».
Siete mancati in...
«Beh, lo sapete bene. Siamo mancati in Gaviria, che ha potenzialità immense ma che non abbiamo mai visto al 100%, anche a causa di alcuni problemi fisici: per uno come lui sono troppo poche quattro vittorie. Il bilancio è in rosso anche per Daniel Martin, non ha mai trovato la giusta condizione, e per Sergio Henao: contavamo su di lui, ma il suo rendimento non è mai stato all’altezza».
E poi c’è Aru.
«Mi spiace per mille ragioni, la prima sotto l’aspetto puramente umano: se fosse uno che non si impegna o non fa il professionista, invece lui è esemplare, lavora come nessuno altro e meriterebbe ben altri risultati. Conoscete bene i problemi che ha avuto, il suo recupero andava forse gestito con più calma, con meno frenesia e più prudenza. Un rientro lento sarebbe stato l’ideale per creare una base di lavoro e raggiungere la miglior condizione. Invece l’entusiasmo ha probabilmente tratto in inganno un po’ tutti: al Tour aveva una condizione buona ma non buonissima, ha spinto probabilmente oltre il suo fisico e questo ha compromesso la Vuelta. Per completare, ha avuto anche il citomegalovirus: ora ha appena completato un nuovo ciclo di esami e speriamo che sia tutto risolto. Cosa mi aspetto da lui per il 2020? Spero stia bene. Se Fabio torna a stare bene, poi il resto verrà da solo».
Quali aspettative per i nuovi arrivati?
«Richeze è la spalla ideale per un corridore che deve stare bene come Gaviria. McNulty il prototipo del corridore da gare a tappe, ha fatto bene al Giro di Sicilia, va forte a cronometro e deve naturalmente crescere. Dombrowski è sicuramente un grande lavoratore che sarà utile alla squadra. Poi c’è Formolo: siamo convinti che abbia molte potenzialità e che possa concretizzarle: vedremo se nei grandi giri o nelle Classiche. Gli altri, invece, sono giovani che devono entrare in contatto con il WorldTour e imparare».
Quali i primi passi della nuova stagione?
«Faremo un raduno negli Emirati tra pochi giorni, a fine ottobre, poi a dicembre ci sarà il primo raduno al caldo per gettare le basi del lavoro per il 2020. Insomma, siamo già pronti per tornare a pedalare…».
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