“Non pensavo che fosse così dura, altrimenti non mi sarei proposto. Perché il bello – anche se, a dire la verità, non so quanto sia bello – è che mi sono addirittura proposto come volontario”. Paolo Baccio, ultimo al Giro della Valle d’Aosta. Sessantanovesimo (e ultimo, appunto) a due ore, cinque minuti e ventuno secondi dal vincitore, il belga Mauri Vansevenant, un distacco che alla media generale di quasi 33 chilometri orari, significa una settantina di chilometri.
Ventuno anni (“Quasi ventidue”), siciliano di Avola (“Come Carmelo Barone, Paolo Tiralongo e Damiano Caruso, per dirne tre, nati là”), tre anni alla Mastromarco (“Come Vincenzo Nibali e lo stesso Caruso, per dirne due, siciliani come me”), da quest’anno al Team Colpack (“Uno squadrone, a questi livelli”) con allenamenti nel bergamasco (“Le salite di allenamento: Roncola e Selvino”), Baccio è alla sua prima virtuale (e anche virtuosa) maglia nera: “Mai mi era successo di arrivare ultimo. Non me ne vergogno perché per prepararmi a questa gara ero stato a Livigno, ma ho avuto una sfebbrata e l’ho pagata. E poi perché arrivare in fondo è comunque un atto di coraggio, orgoglio e – ma sì – valore. Perché bisogna pensare che sono ultimo di quelli arrivati, ma una cinquantina si sono ritirati o sono giunti fuori tempo massimo. Quindi, ultimo-ultimo non lo sono. E poi, al traguardo finale di Cervinia, vi potrà anche sembrare strano, ma mi è sembrato di conquistare una piccola vittoria. Su me stesso”.
Specialista della cronometro (“Un metro e 80, 70 chili, forse meno dopo cinque giorni passati pedalando sulle montagne”), Baccio sa che cos’è la salita (“Fatica”) e anche la discesa (“Premio”), la pianura (“Velocità”) e la volata (“Dieci secondi di brividi, ma io ci provo solo quando c’è da sprintare in un gruppo ristretto”). Al Giro della Valle d’Aosta è andato, come confidato, da volontario: “Avevo già saltato il Giro d’Italia Under 23, volevo fare una corsa a tappe, questa era prestigiosa ma non sapevo che fosse così tremenda. O su o giù, mai un metro in piano. Poi c’era solo da pensare a riposare. L’unico momento di libertà me lo sono preso nella tappa in Svizzera: a un certo punto abbiamo attraversato una piantagione di albicocche, io non ho resistito alla tentazione, e senza fermarmi, al volo, ho colto tre o quattro frutti e li ho mangiati. Erano dolcissimi”.
Ultimo, si sa, è solo un punto di vista. Basta cambiarlo perché il primo diventi l’ultimo e l’ultimo diventi il primo. Chi per Baccio stravede, a prescindere dal colore della maglia, è “Mass Tess”, al secolo Andrea Tessaro, massofisioterapista del Team Colpack: “Baccio è quello che sembra. Ha spirito e voglia. Vive alla giornata e con allegria”. Allegro soprattutto non quando arriva ultimo, ma primo: “La vittoria ripaga da tutte le fatiche, l’ultimo posto no”. Quest’anno Baccio ha trionfato in una crono, in una cronosquadre e in due corse in linea: già record nella sua carriera da dilettante. E promette: “Non è finita qui”.
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