«Ho visto qualcosa che non auguro a nessuno di vedere, mi sembrava di essere finito all’improvviso in un film dell’orrore. Non so proprio come possano succedere certe cose».
Gianni Gobbo è il papà di Lorenzo, il ragazzo della P&G-GB di Gian Luca Bortolami, azzurro della pista, vittima ieri di un gravissimo incidente sulla pista dell’Eddy Merckx Cycling Centre di Gand, dove si stanno svolgendo in campionati europei junior e under’23.
Ci risponde dal Belgio, dove ieri sera è arrivata anche Alice, la mamma. È in macchina, e il tono della voce è di chi ha visto cose orribili, che sono difficili da raccontare. Un tono della voce pacato, da scampato pericolo. «Lorenzo (classe 2002) ha passato una notte molto complicata – ci dice -: i dolori sono tanti (più di 200 punti), ma lui è un vero combattente. Quello che gli è successo è lì da vedere e l’operazione non è stata per nulla facile. Lui è stato un gigante, i sanitari dell’ospedale Jan Palfijn di Gand stanno facendo grandi cose. È ancora in terapia intensiva, e penso che ci dovrà restare ancora 2/3 giorni, anche se mi hanno detto che i parametri sono buoni ed è da considerare fuori pericolo».
Gianni ha il ciclismo nel sangue: è un classe ’64 e ha corso da ragazzo fino alla categoria dilettanti con la Supermercato e la Di Lorenzo, assieme a Gianni Bugno e Mario Scirea. Ma in bicicletta suo figlio Lorenzo ci è salito per volontà di Nicola Miceli, ex professionsta e compagno di Marco Pantani, amico di famiglia da sempre. «Il ciclismo in casa nostra c’è sempre stato e sempre ci sarà – ci spiega Gianni -. È una vera passione di famiglia. Davide, l’altro nostro figlio, azzurro anche lui ha smesso di correre l’anno scorso per un problema al bacino. Abbiamo tanti amici del ciclismo che ci vogliono bene, e attraverso voi voglio ringraziarli tutti per il loro affetto e la loro vicinanza».
Non porta rancore, anche se qualche domanda Gianni se la fa. «Come è possibile che si siano staccati due listelli di un metro e mezzo e uno sia andato a conficcarsi come una lancia tra il quadricipite della gamba e il torace, tanto da perforare anche il polmone. Una cosa inaudita, mai vista in tanti anni di ciclismo. Hanno dovuto usare le cesoie per tagliare quella lancia e caricarlo sull’ambulanza. È chiaro che adesso la priorità è la salute di Lorenzo, il suo pieno recupero, però poi ci consulteremo e faremo le nostre valutazioni del caso: è bene che certe cose non succedano mai più. Quella pista ha certamente bisogno di una manutenzione migliore».
La famiglia Gobbo vive a Lentate sul Seveso, alle porte di Milano. La passione per la bicicletta è tanta, e Lorenzo è uno dei tanti innamorati delle due ruote. «Non so se è un campione e francamente questo non ci interessa neanche un po’ – aggiunge Gianni -. Ha passione e lo fa con impegno: questa è l’unica cosa che conta. È un ragazzo forte, che ieri ha superato una prova che non auguro a nessuno. È un bel passista veloce, che si difende sulle salite brevi e allo sprint, ora però deve essere uno scalatore abile: c’è da arrivare su in cima a una brutta salita. E poi, deve essere anche un bravo discesista, per tornare in piano e pedalare in sicurezza».
Pedalare in sicurezza: un concetto che sta maledettamente a cuore a papà Gobbo. «Quello che successo non è bello per nessuno, ed è giusto che non succeda più. Questo sport è già pericoloso di suo, non possiamo creare ulteriori rischi a ragazze, ragazzi e allo loro famiglie», chiosa Gianni, titolare di un’azienda di trasporti demolizioni e scavi. «Resterò qui fino almeno a martedì, poi se i medici ci daranno rassicurazioni sullo stato di salute di Lorenzo, io tornerò al lavoro. Alice, invece, resterà qui a Gand, accanto al nostro ragazzo. Noi siamo una bella squadra, ma lasciatemelo dire, anche il ciclismo che abbiamo attorno è proprio una gran bella famiglia».
Nella foto, primo da destra (medaglia di bronzo ai tricolori esoridienti), Lorenzo Gobbo (in maglia della Lombardia, Vc Sovico)
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