Ha l’età di Topolino, e sette vite come i gatti. Il Drali ha lo sguardo veloce dei felini, e le movenze di un furetto. Novant’anni compiuti domenica 11 novembre, e festeggiati con alcuni parenti e Laura «la m’è neuda», la mia nipote. «Mi sono lasciato andare e ho mangiato quello che ho voluto, perché digerisco ancora tutto», mi dice con quella faccia da eterna birba.
La festa vera e propria è stata fatta però ieri sera, nel suo negozio nel quartiere Stadera, dove ha sempre vissuto e dal quale sono passati un po’ tutti: da Coppi a Magni, da Bartali a Binda.
Il Drali è un telaista provetto, anche ancora oggi modella creature con l’abilità degli artigiani e l’estro degli artisti. «Sono un piccolo sarto, che ha fatto nella vita quello che ha sempre desiderato fare», mi precisa con quel sorriso che negli anni è divenuto davvero una cifra distintiva.
È sereno, alla faccia degli anni che passano. «L’importante è che passino…», precisa. E poi ci sono quattro amici in più che hanno deciso di dargli una mano, dando vita ad una nuova bottega che nella sostanza è una piccola boutique.
Si sposta nel suo rinnovato negozio con la sicurezza di sempre. Il Drali, con l’articolo rigorosamente davanti, ha una venerazione per Fausto Coppi che ancora oggi giganteggia davanti al bancone. Da oltre cinquant’anni lavora con la sua immancabile tuta blu da meccanico e il cappellino da ciclista con tanto di aletta d’ordinanza tirata all’insù. «Per una vita ho lavorato in via Agilulfo – mi racconta -, tra via Chiesa Rossa e via Stadera. Da un anno e mezzo sono qui in via Palmieri, sempre nello stesso quartiere».
Fatica a parlare in italiano, preferisce di gran lunga la sua lingua, che è il milanese: «Giuinott, lu 'lme capiss, vèra?». Poi aggiunge, nella lingua di Dante, lasciando da parte Carlo Porta: «Questi quattro giuinott hanno tanto insistito che io andassi avanti con loro, che non ho saputo dir loro di no. E così ho deciso di continuare a pedalare ancora un pochino».
Quattro amici, quattro imprenditori, quattro manager con una passione vera per le due ruote e che ora sono di fatto l’anima della nuova cicli Drali. «Quello più malato è un medico - racconta Gianluca Pozzi, amministratore delegato della nuova cicli Drali -. È grazie al suo intuito, alla sua sensibilità se oggi siamo tutti qui. Quando ha saputo che Beppino voleva chiudere bottega, non ci abbiamo pensato ne una ne due. “Non possiamo perdere un patrimonio così”. Detto, fatto: io, Angelo Mantovani, Robert Carrara e Andrea Camerana ci siamo messi assieme e abbiamo dato vita ad una gran bella squadra con un unico capitano: il Drali. L’obiettivo? Non gettare alle ortiche la storia di un uomo che ha percorso una gran bella fetta di storia della bicicletta. Abbiamo un sacco d’idee. Alcune le abbiamo già realizzate, altre sono in corso d’opera. Abbiamo costituito il nostro team fixed Steel Drali, abbiamo ridato vigore alla leggendaria “Pokerissima”. Abbiamo creato prodotti in carbonio, e adesso li declineremo anche in alluminio e titanio. Senza dimenticare le gravel e le e-bike. Insomma, abbiamo recuperato la storia, per investire nel futuro».
«El varda che cromadüra ammò, giuinott!!», guardi che cromatura, mi indica orgoglioso il Beppino. La sua “Pokerissima” è bellissima e ha ancora il suo perché. «È stato Carlo, mio padre, ad aprire l’officina nel lontano 1925 – racconta -. In quel periodo eravamo concessionari della Bianchi. Io ho appreso il mestiere dai grandi meccanici e telaisti di quel periodo come Pinella, il meccanico di Fausto Coppi».
È tutto un ricordo, un rimando, una proiezione nel futuro: «Con questi quattro amici faremo grandi cose». Manca solo la sua Marisa, l’amore di una vita. «Siamo stati fianco a fianco per sessantadue anni più sette di fidanzamento. Quando è mancata mi sono sentito mancare anch’io e mi sarei tolto volentieri il numero dalla schiena. Poi questi quattro ragazzacci mi hanno convinto a non mollare, e sono felice di farlo. Come mi sento a novant’anni? Un po’ più bamba, ma ho anche la fortuna di avere al mio fianco un ragazzo d’oro come Alessandro, che è davvero il mio braccio destro e in certi momenti anche il sinistro: lui apprende i segreti del mestiere, e io sono felice di trasmetterglieli».
Il Drali è un’istituzione. Nel quartiere Stadera non c’è anima che non lo conosca. «Anche i “fiulet” mi vengono a salutare, anche perché i miei amici sono sempre di meno». Ma ci sono. C’è il Vismara, l’Aldo, il Gianni, il Franco e poi lei, l’Eugenia, che di anni ne ha 93 e non fa mistero di averli: anzi. Tutti i giorni, più volte al giorno, passano per un saluto, per un po’ di “veleno” (un amarino), un biscottino o la focaccia.
«È un porto di mare, com’è giusto che sia: un po’ officina e un po’ negozio – aggiunge Andrea Camerana -. Abbiamo unito la storia e la tradizione con la tecnologia e la ricerca più avanzata. Abbiamo già fatto tante cose, ma la maggior parte deve essere ancora fatta: ma non abbiamo fretta. C’è già il Drali che va di corsa».
«Giuinott, ciapa chì…». Il Drali mi passa un pezzo di pane con una fetta di salame. La Bonarda schiuma già nel mio bicchiere. «Evviva!», sussurra il Beppe, con quella faccia da Topolino e sette vite come i gatti.
da Il Giornale
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