Nell’articolo precedente vi abbiamo informato in merito all’abrogazione della normativa, ad opera del Decreto Dignità, che stabiliva finalmente un punto fermo in merito ai compensi sportivi i quali venivano dopo molti anni “legittimati” come genuine collaborazioni occasionali.
Tale certezza, attesa da 16 anni dagli operatori del settore, è stata cancellata senza che venisse sostituita da una nuova disciplina, ma semplicemente tornando nel vuoto legislativo precedente.
Inoltre una recentissima sentenza della Corte d’appello di Roma deposita il 20 luglio (2924/2018) rappresenta la prima pronuncia in seguito all’abrogazione della nuova normativa e complica la situazione.
Tale sentenza individua i due presupposti di applicabilità della normativa agevolativa stabilendo:
• Presupposto Soggettivo – Individuato nel riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI all’ASD
• Presupposto Oggettivo – Costituito dall’esclusione della natura professionale del compenso che si riscontra quando l’attività è caratterizzata da ripetitività, regolarità e sistematicità e le somme percepite non hanno caratteristiche di marginalità.
Se quindi i verificatori, come nel caos in oggetto, dimostrano che il compenso è professionale nonché abituale, anche se non esclusivo, allora non si può utilizzare in via legittima la retribuzione tramite compensi sportivi.
Si ritorna quindi al problema che è sempre esistito fino all’approvazione della Legge di Bilancio 2018, ossia in quale circostanza posso legittimamente utilizzare i c.d. compensi sportivi?
Quanto stabilito dalla Legge 205/2017, se per certi versi poteva non essere condivisibile considerare i compensi sportivi come collaborazioni coordinate e continuative, aveva quanto meno il vantaggio di averne stabilito la legittimità in determinate circostanze.
Si spera quindi in un nuovo intervento del legislatore che chiuda definitivamente il vuoto legislativo ed eviti il contenzioso che è sempre esistito.
In quali occasioni quindi posso utilizzare i compensi sportivi? Non vi è più una certezza ed occorre molta prudenza per evitare spiacevoli conseguenze.
Se per gli atleti dilettanti può continuare ad essere riconosciuto il compenso sportivo ex art 67 TUIR senza obblighi di natura contributiva ed assicurativa, non si può dire lo stesso per i Tecnici.
È quindi necessario approfondire la situazione per gli allenatori e gli istruttori:
• Se si può provare che il tecnico percepisce fuori dall’ambito sportivo la propria fonte prevalente di reddito (è ad esempio un dipendente o un pensionato)
• E se i compensi sportivi che egli percepisce sono solo di importo minimale (poche decine o centinaia di Euro al mese)
In questo caso è agevole dimostrare che l’attività di istruttore non costituisce l’attività lavorativa per il tecnico in questione e sarà possibile erogare compensi sportivi.
Ove invece l’allenatore svolga in via prevalente, anche se non in modo esclusivo, l’attività sportiva (quindi con una forma di professionalità) la questione si complica e sarà necessario cercare di verificare se le nelle modalità di svolgimento della prestazione siano presenti le caratteristiche o del lavoro subordinato oppure dell’esercizio di arti o professioni.
Ne consegue quindi che al momento la via più sicura per l’associazione sarebbe o quella di assumere il tecnico oppure, soprattutto se questi lavora anche con altre ASD, suggerirgli di aprire P.IVA in quanto la sua attività configura effettivamente l’esercizio di una professione la quale comporta il versamento di imposte e contributi.
Nulla cambia invece per i compensi amministrativi/gestionali che proseguono come Co.co.co. con gli obblighi connessi.
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