
Torna a parlare Jan Ullrich e lo fa con Cosimo Cito di Repubblica, che ieri ha pubblicato una bellissima intervista al campione tedesco. Come scrive Cito “a 51 anni, dopo aver toccato tutti i fondi possibili, Jan Ullrich ha ritrovato una grazia postuma. Quella dell'eroe traditore e colpevole che prova a redimersi con la verità. Un Tour vinto nel 1997, uno perso da Pantani l'anno dopo, una Vuelta ('99), un oro olimpico. Il doping, la droga, la dipendenza dall'alcol. Oggi chi è Jan Ullrich?”
«La mia vita è cambiata molte volte. Mi sono concentrato sulla mia famiglia e sulla mia salute personale - ha spiegato Ullirich -. Ho ancora qualche idea da portare nel ciclismo, ma in maniera molto più "quieta" di un tempo e da un'altra prospettiva. Sto cercando di usare il mio tempo in modo diverso. Sto provando a mettermi gli errori alle spalle e a guardare oltre».
Cos'era il ciclismo negli anni delle sue battaglie sulle montagne con Armstrong e Pantani?
«Il ciclismo, a quei tempi, era fortemente influenzato dalla pressione e dalle aspettative di tanti: tifosi, sponsor, tv, case produttrici. Il doping era il mondo in cui dovevamo muoverci, il mare in cui dovevamo nuotare, era dovunque. Il ciclismo ha imparato molto da quegli anni. I sistemi di controllo sono migliori ora e più organizzati professionalmente e i ciclisti sono più consapevoli, più sensibilizzati e informati. Credo che quell'epoca in cui purtroppo mi sono trovato a vivere non tornerà mai più».
Il Galibier, il Tour'98. Pantani che parte, lei che evapora nella pioggia. Per molti italiani è uno dei più straordinari ricordi sportivi della vita. E per lei?
«La sorprendo: sul Galibier nel 1998 ho vissuto uno dei momenti più emozionanti della mia carriera. E stata una giornata estremamente dura e ho dovuto affrontare molte sfide fisiche e mentali in quei minuti. Quando sono arrivato in cima ho vissuto un misto di sollievo e orgoglio. E anche se alla fine ho perso il Tour, quello è stato un momento che mi ha mostrato quanta strada avevo fatto come corridore e come persona. Quella sconfitta mi ha cambiato in meglio».
Parla molto di Marco Pantani, anche di Lance Armstrong che da rivale e diventato un grande amico, sul quale contare. E annuncia: «Per il 17 e il 18 maggio ho organizzato una pedalata con Lance, Mario Cipollini, Bradley Wiggins e altri grandi corridori del passato a Bad Dürrheim, nella Foresta Nera. Una festa: lo "Jan Ullrich Cycling Festival", un raduno di amatori e campioni che non si vedeva da decenni, unico nel suo genere. Sono elettrizzato».
Segue il ciclismo di oggi?
«Certo. Pogacar, Van der Poel e Vingegaard sono tutti davvero impressionanti. Tadej è il ciclista perfetto. Van der Poel è una ventata di energia e Vingegaard ha una grande costanza. Una qualità che apprezzo in un corridore è la sua versatilità, la capacità di essere competitivo su più terreni».