
C’eravamo tanto odiati. Duelli, duellanti, dualismi. L’un contro l’altro armati, qui di manubri e telai, pedali e pedivelle. Le rivalità hanno scritto la storia del ciclismo: nate a pelle, cresciute a occhio, una chimica fisica e anche mentale, antagonismo più che antipatia, a volte un’eredità familiare, a volte una scelta estetica, a volte un partito preso, a volte uno stile di corsa, a volte una montatura dei giornalisti. E poi schieramenti, o di qui o di là, non con lui o contro di lui, ma con lui e contro l’altro. Così, dopo “Pedali nella leggenda” di Mauro Parrini (2020, Mursia) e “Quasi nemici” di Dario Ceccarelli (2021, Minerva), volendo anche “Il duello – Moser contro Fignon” di Lorenzo Fabiano (2017, Absolutely Free), ecco Odiarsi un po’ di Luca Gregorio e Pietro Pisaneschi (Hoepli, 232 pagine, 24,90 euro, prefazione di Riccardo Magrini).
Le rivalità del ciclismo eroico e romantico, fino agli anni Sessanta, da Gerbi-Cuniolo a Girardengo-Binda e Bartali-Coppi, soltanto accennate nel primo capitolo da Pisaneschi. Poi gli autori si dividono i compiti: Pisaneschi si dedica ad Anquetil-Poulidor, Merckx-Gimondi, Merckx-Ocana, Moser-Saronni, Fignon-LeMond (e Hinault) e Bugno-Chiappucci, Gregorio si occupa di Pantani-Tonkov (e Armstrong), Simoni-Basso, Cipollini-Petacchi, Boonen-Cancellara, fino alle attuali rivalità Van der Poel-Van Aert e Pogacar-Vingegaard, anche nel 2025, i primi due nelle classiche, gli altri due al Tour de France. Dodici capitoli, dodici contrapposizioni, ventiquattro (o meglio, ventisei) storie che si incrociano, si confrontano, si scontrano, carriere che si misurano, si specchiano, si completano. Perché tutti e due i contendenti sono consapevoli che l’uno, senza l’altro, non sarebbe stato mai così grande.
Nessuna rivalità è equilibrata, nessuna finisce in parità e pareggio. Anquetil rese Poulidor “l’eterno secondo” nei risultati, ma non nella popolarità e nell’affetto, in queste classifiche Poulidor avrebbe stravinto. E se Van der Poel è “il predestinato”, “bello, forte, elegante, esteticamente perfetto in bici, fortunato e amato”, “sembra un dio greco”, è il sole”, “è l’argento vivo”, a Van Aert rimane “la grandezza”, “quando vince”, “quando lascia vincere”, perfino “quando perde”. Ci sono rivalità che si stemperano nel tempo, oggi Bugno e Chiappucci fanno coppia fissa raccontando delle corse insieme ma contro, reminiscenze che scaldano ancora i cuori degli appassionati. Ci sono rivalità che si sono rivelate più come un passaggio della corona, quella fra Cipollini e Petacchi nelle volate, ma Super Mario era al tramonto e Ale Jet all’alba. Ce ne sono altre dove sotto le ceneri arde ancora la brace, Moser e Saronni – è chiaro - non diventeranno mai amici, forse questa rimane la rivalità più sentita, più autentica, più genuina. Ce n’è una, quella fra Cancellara e Boonen, basata soltanto su un paio di appuntamenti, Fiandre e Roubaix, e un’altra, fra Merckx e Gimondi (ma si potrebbe dire fra Merckx e tutti gli altri), che cominciava alla prima e non finiva neanche all’ultima gara in calendario.
Gregorio e Pisaneschi citano date, fissano corse, spiegano circostanze, ospitano testimonianze. Nessun dualismo, il loro, semmai un bel tandem.