
Quattro grandi del ciclismo italiano hanno partecipato questa mattina alla Camera dei Deputati alla presentazione della Coppa Italia delle Regioni organizzata dalla Lega Ciclismo Professionisti. Ecco i loro racconti e i loro pensieri:
Francesco Moser: «Il mio Trentino è una regione nella quale si vive bene e si possono praticare tutti gli sport. È stato mio fratello Aldo che a 18 anni mi ha convinto a correre, subito ho fatto risultati e poi sono arrivato nella nazionale dilettanti e quindi ho proseguito la mia carrira nei professionisti. Ho fatto partecipato ad una sola Olimpiade a Monaco 1972 e ricordo che la mattina della corsa avevamo la polizia in ritiro perché c'era stato il famoso attentato... Noi corridori conosciamo tutte le strade e noi italiani conosciamo meglio le nostre strade: adesso il ciclismo è diventato globale e questo ci ha tolto alcuni primati, dobbiamo lottare per raggiungere alcuni risultati importanti. È uno sport difficile, il nostro, perché quando si fanno le gare vanno chiuse le strade e lo sappiamo che diamo fastidio. Ma noi proprio percorrendo quelle strade entriamo nelle case della gente».
Giuseppe Saronni: «Senza sponsor una squadra non può vivere. Tutto serve, oggi le risorse sono importanti per qualunque cosa e quindi anche nel mondo del ciclismo. Abbiamo bisogno di creare un vivaio per far crescere i ragazzi ma oggi non abbiamo società di base adatte a farlo perché il ciclismo è uno sport faticoso e anche pericoloso. Ho avuto la fortuna di portare avanti squadre di primo livello per oltre 30 anni, ma dico che oggi bisogna ripartire dalle società giovanili. Senza ragazzi di buon livello non possiamo andare troppo lontano. Il ciclismo è molto globalizzato ma non dobbiamo farci ingannare, basta guardare il fatto che i migliori corridori dei mondo sono ancora tutti europei. È difficile, ma tutti possiamo fare qualcosa e noi campioni dobbiamo impegnarci in prima persona affinché il ciclismo abbia un grande futuro: io mi impegno per primo».
Vincenzo Nibali: «Voglio prima di tutto salutare tutti, trovarmi qui per parlare di ciclismo è emozionante. Quando ero bambino la mia famiglia ha fatto una scommessa e non c’era un piano B: sono andato in Toscana, dove ho trovato una squadra e anche una seconda famiglia, che mi ha seguito sia nello sport che a scuola. Oggi abbiamo meno atleti e meno società e questo non aiuta certo il movimento. Di contro dobbiamo dire che il nostro sport aiuta anche a conoscere il territorio e con la bici io ho imparato a conoscere tanta Italia. Non ho fatto il servizio militare ma il ciclismo per me è stato come fare il servizio di leva, ho imparato tanto, soprattutto quelle che sono le basi della vita. Le regioni devono essere rilanciate partendo anche dal Sud, non possiamo rimanere indietro perché abbiamo un patrimonio importante e la Coppa Italia delle Regioni in questo senso può fare molto».
Gianni Bugno: «La sicurezza sulla strada riguarda tutti e quest’anno abbiamo visto già troppe cose che non si dovrebbero vedere anche nelle gare dei professionisti. Ho sempre detto che la bici è un mezzo che va rispettato e deve anche rispettare gli altri. Quando si parla di sicurezza, io dico sempre che oggi c'è un utilizzo troppo elevato delle macchine. Anche per andare in palestra, anche per fare un piccolo tragitto in troppi scelgono la macchina: chiedo, perché non andarci in bici? Alla fine si sta andando a fare sport e allora iniziamo a farlo dal momento in cui usciamo di casa. Quella che mi è stata affidata in Lega è una commissione particolare, gli incidenti ci sono e dobbiamo lavorare per cercare di evitarli».
Se sei giá nostro utente esegui il login altrimenti registrati.