È la sera del 17 gennaio 1985, la mega-nevicata dà una mazzata terribile al ciclismo e in generale allo sport italiano. Verso le ore 22 il peso della neve causa il forte cedimento ai piloni trasversali di sostegno del Palasport di San Siro e nella notte il tetto contemporaneamente si sfonda. Il Palasport di colpo è inagibile. Esattamente 40 anni fa l’Italia ha perso quello che veniva definito “lumacone” data l’architettura e tuttavia era un gioiello di funzionalità per il ciclismo e tante altre discipline.
Nella medesima serata la neve danneggiò gran parte della copertura del vicino Velodromo Vigorelli, impianto di Proprietà del Comune di Milano. Per sistemare il “Vigo” la copertura venne tolta e sostituita in tempi relativamente brevi. Il “Palazzo” di San Siro era di proprietà del Coni, esattamente come lo Stadio Olimpico di Roma. L’allora segretario generale del Coni, Mario Pescante (in seguito ne divenne presidente) e gli altri dirigenti furono costretti ad arrendersi: il Palasport venne abbattuto.
Il Palazzo era l’impianto giusto al posto giusto. Venne costruito dalla Società Italiana Condotte d’Acqua e inaugurato nel gennaio 1976 con una esibizione multisport. Nel febbraio di quell’anno ospitò la prima Sei Giorni vinta da Moser e Sercu. L’impianto situato di fianco allo Stadio calcistico di San Siro (dal 2 marzo 1980 intitolato a Giuseppe Meazza) era bellissimo. Due tribune con complessivi 13.500 posti a sedere, altri 3000 posti in piedi nelle due curve. In occasione della Sei Giorni le presenze serali toccavano quota ventimila poiché nelle tribune erano numerosi gli spettatori in piedi sui corridoi e scale: le normative erano molto diverse dalle attuali. E nel parterre funzionava il costoso tuttavia ambitissimo ristorante: centinaia e centinaia di sportivi anche poco conoscitori del ciclismo affollavano il parterre. Sulla pista di 250 metri alla Sei Giorni dopo Moser-Sercu s’imposero Felice Gimondi e Rik Van Linden (’77), Moser-Pijnen (’78, ’79, ’83, ’84), ancora Moser - Sercu (’81), Saronni-Sercu (‘80), Saronni – Pijnen (’82).
Lo spettacolo di quelle Sei Giorni era di standard elevato: ogni coppia era composta da un big del ciclismo su strada, anche trionfatore in grandi Giri a tappe, e un forte specialista dei velodromi. In buona percentuale i tavoli a centro pista erano occupati da vip e da invitati delle aziende. Era frequente la presenza di calciatori, piloti, tennisti ed esponenti di altri sport, Alla Sei Giorni 1983, ad esempio, l’allora presidente dell’Inter, Ivanoe Fraizzoli, aveva al tavolo Beppe Bergomi, Alessandro Altobelli e Riccardo Ferri. Nel parterre oltre ai campioni del ciclismo era normale incontrare Paolo Rossi, Gianni Rivera, Sandro Mazzola, Hansi Muller, Oscar Damiani e tanti altri calciatori. Ernesto Pellegrini, dal gennaio 1984 al febbraio 1995, presidente dell’Inter, per molti anni è stato sponsor di coppia alla Sei Giorni coi marchi delle sue aziende di ristorazione. In particolare Pellegrini sponsorizzava la coppia Frank-Svendsen.
C’era l’elegantissima Paola Poggi che posava per le foto nella zona dei camerini dei corridori. Patron Belloni della Termozeta era compiaciuto per la presenza di Sylva Koscina al suo tavolo. Era jet-set superiore al Giro d’Italia e lo spettacolo d’intrattenimento tra una gara ciclistica e l’altra faceva registrare notevole successo. Heater Parisi, Carmen Russo, Walter Chiari, gli Abba e tanti altre star parteciparono agli show presentati da Mike Bongiorno, Pippo Baudo e soprattutto Daniele Piombi.
Fece tantissimo scalpore lo show di Ilona Staller alla Sei Giorni 1983. La pornostar ungherese si presentò sul palco salutando i suoi “cicciolini” e portando il serpente “Pito Pito” (era un esemplare vero di pitone, chiaramente un pò cloroformizzato) attorniata da ballerine, cominciò a bruciare bandiere di alcune nazioni e poi si denudò. Sì, anche dalla cintola in giù. Il serpente Pito Pito se lo fece passare proprio lì sotto. A quel punto fece irruzione sul palco il commissario di Polizia che la coprì con la sua giacca. Poi intervennero altri agenti di Polizia e Carabinieri. Si creò enorme baraonda con la Cicciolina agli arresti per atti osceni in luogo pubblico. Un imbarazzatissimo Daniele Piombi col microfono cercò di fare il pompiere e stemperare la tensione. “Sei Giorni, dalle stelle alla Staller”, titolò la testata “La Notte”, quotidiano milanese del pomeriggio. In un’altra edizione a spogliarsi, però nella parte superiore, furono le ballerine che accompagnavano Lara Saint Paul. In quel caso il topless oltre le ore 24 venne tollerato, non diventò scandalo.
Chi redige questo testo era speaker alla Sei Giorni e garantisce che l’atmosfera di quelle edizioni al Palasport è irripetibile nel mondo del ciclismo. Non c’è Olimpiade o Mondiale su pista in grado di eguagliare un così elevato e variegato numero di spettatori. Per ovvi motivi l’evento al Palasport non aveva nulla a che vedere con prove di Coppa del Mondo o Mondiali. Attori e politici facevano carte false per farsi invitare a mostrarsi al pubblico eterogeneo.
Oltre alla Sei Giorni ciclistica il Palasport ospitò i Campionati italiani indoor su pista, gli Europei dell’omnium e americana (non era in voga la definizione “madison”) . Altri sport danneggiati dall’abbattimento del Palasport in particolare furono atletica leggera, basket, volley. La pista di atletica di 200 metri facilmente smontabile del Palasport ha ospitato eventi internazionali. La Pallacanestro Milano (l’attuale Armani) giocava i match casalinghi a San Siro. Grande tennis, scherma, arti marziali, sfide mondiali di pugilato, ginnastica ritmica e artistica, addirittura i completi di equitazione e competizioni di motocross e “Giochi senza frontiere” si svolsero nel Palasport. E naturalmente concerti, feste di Capodanno, convention politiche e industriali.
Trattandosi di struttura Coni, il Palazzo era dotato di varie palestre e uffici di Federazioni. La FCI aveva il “Prof”, ovvero la sua divisione organizzativa. Giovanni Michelotti, Nino Recalcati, Giuseppe Figini e altri nel gennaio 1985 erano impegnati ad organizzare la Sei Giorni che si sarebbe svolta in febbraio.
Dal 17 gennaio 1985 Milano non ha più il suo velodromo coperto. E rischia di essere un vuoto eterno: nel quartiere Santa Giulia stanno edificando un Palasport che servirà per competizioni dell’Olimpiade invernale 2026. E’ un grande impianto, tuttavia la pista del ciclismo non c’è. Nemmeno a scomparsa.
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