Dalle strade bianche alle strade muschiate, dalla primavera senese in fiore ai colori crepuscolari dell'autunno: il cerchio si chiude. Sempre c'è Pogacar, il quattrostagioni. Poker al Lombardia, a 26 anni appena compiuti: un poker, aggiungo io, non nella corsa degli orsacchiotti, ma nel vero campionato mondiale della fatica (nota doverosa: nessuno si sogni mai di toccare, modificare, limare questa gara, vediamo anzi di fare richiesta all'Unesco per inserirla nel patrimonio dell'umanità). È la corsa che alla fine mi fa vedere sul vialone dopo l'arrivo un Pellizzari col suo immancabile sorriso dire urca, ho i crampi fino alle orecchie, poco più in là Piganzoli accasciato a terra davanti all'ambulanza, gli altri conciati neanche tanto meglio.
In questa corsa, in una corsa così, il campione del mondo rinfresca la memoria e si conferma il numero uno indiscusso e assoluto di questa epoca, rifilando di nuovo distacchi taglia XXL. Anche stavolta 50 chilometri di fuga, ormai la sua distanza canonica, talmente canonica che già ci fa sovrapporre e confondere i ricordi, tante sono le repliche e tanto simili nella memoria.
E adesso la domanda inevitabile è una sola: come riuscire in futuro a trascorrere un'annata migliore di questo 2024? Lo sappiamo, nella stagione abbiamo visto altri fenomeni. Evenepoel è un fenomeno: della crono e dei Giochi. Van Der Poel è un fenomeno: della primavera. Vingegaard è un fenomeno: del Tour. Tutti pezzi pregiati di fenomeno. Teddy però è un fenomeno sempre e dappertutto. È il fenomeno intero, completo, assoluto. Riavvolgendo il nastro della sua stagione sovrumana, oggi viene molto difficile immaginare che anche lui un giorno sarà aggredito dall'età con tutti i suoi annessi e connessi, ogni giorno un dolore nuovo, una mattina dolore alle dita delle mani, una mattina la schiena, una mattina il ginocchio, una mattina la spalla, poi la fatica a scendere dalla macchina, poi la pastiglietta per la pressione, poi la cardioaspirina... Non sembra possibile, davanti a questa sua efficienza eternamente bambina, senza segni di sofferenza e di fatica. Adesso sembra davvero impossibile che la natura possa corrompere questa sua prodigiosa energia, questa sua forza spavalda e spensierata, senza il minimo segno del limite e dell'imperfetto. Se non suonasse vagamente blasfemo, mi sembrerebbe persino giunta l'ora di chiamarlo Taddio.
Vince e si diverte, anche se forse dovrei invertire i fattori, si diverte e vince, il risultato comunque non cambia. Vince e ammazza le corse. Vince nel modo più prevedibile e più scontato. E infatti continua a dare sempre più fiato al partito dell'equilibrio e dell'incertezza, che lo vede ogni volta come il fumo negli occhi.
Il tema ormai è fisso quanto i suoi trionfi: ma questo Teddy ammazza il ciclismo o invece lo salva e lo reinventa? Io voto la due. Non lo dico da tifoso di Teddy, lo dico da tifoso del ciclismo: da tanti anni non avvertivo tanta curiosità – anche vaga, incompetente, superficiale, certo – al di fuori dall'ambiente. Gli amici che nemmeno orecchiavano più da lontano, lentamente tornano a farsi vivi con le domande della beata ignoranza, alla vigilia ma vincerà ancora Poagacar?, dopo la gara chi ha vinto, ancora Pogacar? Nonne e zie, ultrà degli stadi e impiegati delle poste, tutti sanno e chiedono di Pogacar, anche se è l'unico nome che conoscono. È campione delle famiglie. È il campione di famiglia. Magari all'interno del nostro recinto il fenomeno è vissuto ringhiando, serpeggiano veleni e dicerie, il tutto condito in salsa invidiosa. Rigettato dalle invidie del suo settore, è comunque ormai un personaggio globale, amato dal grande pubblico che non ha interessi in gioco e rancori trasversali, è con Sinner il nuovo mondo dello sport stellare, tra l'altro uno sport senza divismo, senza vita notturna e senza tatuaggi a metro quadrato.
L'importante: là fuori, là attorno, si ricomincia a parlare di ciclismo, si ricomincia a dare un'occhiata al ciclismo, si ricomincia a considerare il ciclismo. E proprio nel pieno della più profonda crisi italiana, per inciso. Io questa rinata curiosità, questo rinnovata considerazione, me le tengo strette. E tra l'altro so bene che anche i peggiori odiatori di Pogacar, dentro l'ambiente, alla fine comunque beneficeranno di questo rilancio generale, attaccandosi debitamente al treno in corsa.
Certo, non ha vinto la Vuelta. Nemmeno l'ha corsa. Piano con i superlativi. Andiamoci calmi prima di scomodare certi paragoni. Sì, certo, andiamoci piano, non ha corso la Vuelta.