L’aspetto, la linea, la vigoria, i tratti del viso, il portamento distinto, ingannano – assai - circa l’anagrafe del dottor Claudio Pecci, nato a Tradate, per ragioni d’ospedale, nel 1950, con l’inequivocabile aritmetica che lo avvicina comunque alle 75 primavere.
Cognome di origine laziale con la famiglia poi approdata e stabilitasi nella zona di Como, Claudio Pecci è cresciuto a Mozzate, comune che ricorda la figura del noto e longevo dirigente FCI e UCI Agostino Omini, recentemente scomparso. Qui il dottor Pecci ha trascorso una serena giovinezza studiando con profitto e praticando sport, calcio soprattutto, seguendo però varie discipline e, fra queste, con interesse particolare, il ciclismo.
Intraprende gli studi universitari in medicina a Parma, dopo essersi iscritto nel 1968 a Milano: però, all’epoca la frequentazione degli atenei milanesi era piuttosto problematica per la contestazione studentesca. Nel 1976, nella città ducale, consegue la laurea e ricorda ancora con piacere pure la frequentazione del ’ambiente del C.U.S. Parma. Si iscrive alla FMSI (Federazione Medico Sportiva Italiana) e frequenta poi, per ottenere la specializzazione relativa, il primo corso di fisiologia e medicina dello sport diretto da un eminente scienziato come il prof. Rodolfo Margaria, una riconosciuta autorità nel settore a livello mondiale.
Poi, nel 1977, si trasferisce a Rovellasca, comune in provincia di Como, sempre nella zona dove confluiscono le province di Como, Milano e Varese e qui apre lo studio professionale di medico di base che resterà attivo fino al 1998. In parallelo alla sua professione, continua comunque a praticare gli ambienti sportivi e seguire anche il calcio nella vicina Mozzate, dove ha pure giocato, senza lasciare, in verità, traccia della sua abilità pedatoria, come dichiara apertamente. E in questo periodo comincia a interessarsi e seguire, professionalmente, dappresso, vari pedalatori, d’ogni età e categoria di una zona dove le due ruote erano largamente praticate e la sua figura acquisiva crescente notorietà. Nel 1998 lascia il servizio sanitario nazionale, la “mutua”, per dedicarsi completamente alla medicina sportiva intraprendendo la libera professione.
Medico “internista”, assai interessato al concetto di “fatica” che il ciclismo propone in abbondanza, segue la forte squadra dei giovani della Lainatese-Brooklyn con direttore sportivo la medaglia d’oro della 100 km. delle Olimpiadi di Roma 1960 Toni Bailetti, un vivaio che “produce”, fra vari altri, Alvaro Crespi, Giovanni Mantovani e, su indicazione del dottore d’origine marchigiana, Marco Pierfederici, Claudio Pecci trascorre due pomeriggi la settimana per curare la preparazione del quartetto d’inseguitori del Comitato Regionale Lombardo, presieduto da Giancarlo Codifava e gestito dal vice presidente l’appassionato Eugenio Rimoldi, al Palasport di San Siro. E qui scatta la “chimica” con il maestro dello sport Angelo Lavarda che curava il settore con il competente rigore, la disciplina e la peculiare sagacia che lo hanno contraddistinto nella sua variata carriera di tecnico e dirigente nel ciclismo.
Nel 1979, in vista dei campionati del mondo di Amsterdam, Lavarda raduna il gruppo degli inseguitori azzurri alla Pinetina di Appiano Gentile, nella struttura dove si allenava la squadra dell’Inter, come ora, proprio a due passi da dove abita Claudio Pecci. La “squadra” - non pedalante - diretta da Lavarda contemplava il meccanico (storico) Marino Fusar Poli, il noto massaggiatore romagnolo Gino Moioli e, quale vice di Lavarda, il bergamasco Gianluigi Stanga, poi d.s. e manager di notevoli e famose squadre professionistiche. Il quartetto, composto da Maurizio Bidinost, Pierangelo Bincoletto, Sandro Callari e Silvestro Milani si aggiudicò la medaglia di bronzo.
Pecci aveva già collaborato, quale medico di squadra con la Zonca-Santini, formazione degli appassionati fratelli Zonca di Voghera, diretta da Ettore Milano e anche con lo squadrone della Brooklyn dei fratelli Perfetti, guidata da Franco Cribiori che, con il suo eloquio diretto, l’aveva apostrofato quale “dutur pinela” che, in lingua, può rendersi, come “dottore giovane-apprendista” seguendo parte della squadra con i fiamminghi, capeggiati dal “gitano” Roger De Vlaeminck, alias Monsieur Roubaix, e dai suoi sgherri, all’impegnativa Quattro Giorni di Dunkerque mentre il medico titolare, il varesino dott. Piero Modesti, era alle gare italiane.
Altre squadre seguite sono state la formazione di pistard, soprattutto inseguitori, degli “Amici della Pista” sostenuta dalla FCI e diretta da Angelo Lavarda, nel 1998 è con la ASICS di Davide Boifava con vari corridori di valore, soprattutto nelle classiche, come Michele Bartoli, Paolo Bettini, Andrea Noè e altri.
Nel 1989, unitamente al collega medico comasco Massimo Testa, poi responsabile di formazioni di livello internazionale, e al professor Aldo Sassi, di Valmorea, pure lui dell’area comasca, opera nel settore delle due ruote con approfondimenti vari del test Conconi applicato al ciclismo.
E poi nel 1996 nasce a Castellanza, in provincia di Varese, il primo Centro Mapei Sport per volontà del compianto dottor Giorgio Squinzi che, nel 1993, aveva rilevato la Eldor, squadra professionistica in gravi difficoltà economiche e iniziare una “case history”, come si usa dire, di primo valore e non solo ciclistico. Sono circa una quarantina i corridori da seguire già l’anno seguente e il lavoro non manca anche allo staff medico e paramedico. E in seguito collabora strettamente con la squadra azzurra della strada del sempre rimpianto C.T. Franco Ballerini. Dal 1999 al 2002 Pecci è il responsabile sanitario della “corazzata Mapei”, squadra, meglio squadrone, con oltre quaranta corridori che ha segnato una vera e propria svolta nella storia del ciclismo, vincendo tutto quello che c’era da vincere. Unico “rimpianto” relativo al suo immenso palmarès è la mancanza della maglia gialla del Tour de France.
Il responsabile di Mapei Sport era stato il professor Aldo Sassi, purtroppo scomparso nel 2010 ancora in giovane età, che ha realizzato, con i suoi collaboratori, le intuizioni e la “filosofia” Mapei, innovativa in materia, prospettata dal patron, assiduo pedalatore pure, Giorgio Squinzi e dalla moglie, la signora Adriana Spazzoli.
E il Centro Sport Mapei diviene presto una realtà di punta, di vertice, allargando il campo di competenze in vari sport e mettendo a disposizione dei praticanti le esperienze e gli studi acquisiti sia in laboratorio, sia sui campi di gara di molteplici discipline.
Con il crescere delle attività si rende necessario il trasferimento in una struttura più ampia, e nel 2013 è inaugurata la nuova sede a Olgiate Olona, sempre in provincia di Varese. Da casa del ciclismo il Centro Mapei è diventato in pratica la casa di tutti gli sport studiando, sperimentando, misurando, sul campo e in laboratorio, applicando, test scientifici mirati, le specificità fisiologiche richieste nelle varie discipline sportive con specialisti d’alto livello a livello mondiale.
E il dottor Claudio Pecci diviene l’amministratore delegato e il direttore sanitario della complessa struttura della famiglia Squinzi vivendo, in pratica, ogni mattina, una sorta di dilemma: conservare l’abbigliamento manageriale con giacca e cravatta o indossare il camice bianco del medico? Sembra però riuscirci, e bene, in entrambe le versioni. È lo snodo, un collante sicuro (per rimanere in tema merceologico Mapei), fra l’articolata, avanzata e complessa parte scientifica e quella manageriale.
E trova pure il tempo di partecipare attivamente, fattivamente, a molteplici attività sociali di Como – è stato anche presidente del Panathlon lariano – ed è presenza costante alle attività del baluardo ciclistico del C.C. Canturino 1902 (anno di fondazione) e Centocantù guidati dal bi-presidente Paolo Frigerio.
Hobby? Appassionato di storia soprattutto medievale è specialista nella preparazione di cocktail assai apprezzati dai fruitori. Cin-cin al dottor Claudio Pecci dunque.
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