Da tanti è stata accolta con sollievo la recente modifica introdotta dall’Uci proprio durante la prova in linea dei diretti interessati : chi corre in Professional o WorldTour non potrà partecipare a mondiali ed europei Under 23.
L’ente mondiale del Ciclismo, oltre a fare il bene dei giovani praticanti il proprio sport e a consentire ad ognuno i tempi giusti per la propria crescita umana e professionale, ha ascoltato la voce del proprio popolo.
Per chi è al vertice di organizzazioni così complesse non è sempre semplice e scontato. I temi da affrontare sono tanti e per esempio, il Comitato Direttivo dell’Union Cycliste Internazionale si affida alle raccomandazioni elaborate da SafeR, la struttura che riunisce i rappresentanti di tutti gli stakeholder del ciclismo su strada per migliorare la sicurezza dei corridori nelle gare su strada.
Per introdurre regole nuove che migliorino il quadro ciclistico futuro sicuramente servono grande competenza e un po' di creatività, volta a immaginare scenari nuovi.
Serve poi anche la capacità di valutare quali innovazioni hanno funzionato nel modo sperato, e quali nel tempo vanno riviste per il bene comune del Ciclismo.
Probabilmente l’eliminazione delle radioline da mondiali ed europei era animata da questi buoni propositi : tracciare un indirizzo per le altre corse all’insegna di un utilizzo della tecnologia più contenuto, non compromettente le capacità tattiche dei singoli atleti e forse anche la sicurezza degli stessi, viste le norme UCI del 12 giugno 2024.
Tuttavia nell’emanare norme che regolano il futuro, quello che manterrà sempre l’UCI in relazione al proprio popolo, è il BUON SENSO.
A di là di mondiali ed europei, le corse e le loro tattiche hanno continuato a reggersi sulle radioline.
In una gara come la recente cronometro mondiale, in cui un ciclista è in apparenza in gara con sé stesso, il campione belga Remco Evenepoel, privato di un misuratore di potenza alla partenza (prima che iniziasse la sua prova la catena della sua bici è scesa) ha gareggiato con l’aiuto tecnico del suo staff.
Ha commentato il suo coach: “Se tutti dovessero correre senza un misuratore, non sarebbe un problema, ma su un percorso come questo hai bisogno di un piano di ritmo. Siamo stati in grado di guidarlo solo a livello tecnico”.
In una cronometro l’ammiraglia è a supporto del proprio atleta, e può sempre usare le radioline.
In una prova in linea un atleta in fuga può non avere l’ammiraglia al suo fianco, perché la gestione della corsa non lo consente.
Questi sono aspetti sportivi, e il popolo del ciclismo ha dimostrato di non accettare nel tempo una corsa senza radioline, che premia probabilmente i fuoriclasse, ma riduce la spettacolarità della regia di gara. Forse il dibattito si potrebbe riaprire sui misuratori di potenza, se proprio si vuole limitare lo sviluppo tecnologico al servizio del ciclismo.
Un tema più delicato poteva essere ed è quello della sicurezza.
In merito l’organo SafeR ha studiato tutte le sfaccettature dell’argomento.
Ora però è il momento del BUON SENSO, DELLE PRIORITÀ.
Si chiede alle squadre di preoccuparsi della sicurezza dei propri atleti.
Quale sistema può fare sapere meglio delle radioline, che collegano in rete tutto il Team, cosa sta succedendo alle proprie ragazze e ai propri ragazzi ? I tragici recenti accadimenti forse hanno dato la risposta definitiva a questa domanda.
Lungi da qualsiasi strumentalizzazione, dobbiamo tutti insieme riflettere su questo aspetto. La drammaticità dei fatti lo richiede. La vita di una persona, di una ragazza, forse poteva essere salvata.