CUITU NEGRU. Lo spettacolare trionfo di Pablo Castrillo, la brutta sconfitta di Primoz Roglic, perché di sconfitta si tratta, la grande conferma di Ben O’Connor. La tappa più emozionante di questa stagione, 15a frazione della Vuelta con traguardo in cima al durissimo Cuitu Negru, ha emesso i suoi verdetti.
Castrillo, aragonese di Jaca, ha 23 anni ed è un bestione di 183 centimetri e 74 chili di peso che da ragazzo giocava a hockey su ghiaccio. Non ha quindi il fisico dello scalatore. Eppure in questa Vuelta ha centrato, in montagna, una doppietta che forse nemmeno poteva neanche sognare. Pablo è bravo a infilarsi nella fuga giusta con gli Uae che menano come fabbri. Soler tira fino a esplodere, tocca a Vine che impone uno ritmo che stronca tutti. Alla sua ruota Sivakov, al via n13° a 6’31” da O’Connor, cerca di rientrare nei piani alti della classifica. È il nuovo capitano degli emiratini. Secondo una vecchia tattica la Red Bull ha inserito nella fuga Vlasov e Martinez con lo scopo, nel finale, di fare da appoggio a Roglic (stessa idea l’ha avuta la Decathlon di O’Connor che manda in avanscoperta Armirail). Poi il colombiano, secondo al Giro, viene richiamato dietro a 60 km dal traguardo per aiutare il capitano. In gruppo è la T-Rex di Landa a fare l’andatura. Sul secondo passaggio della Colladiella la differenza è di 3 minuti. Si va verso il Cuitu Negru dove restano in tre. Sivakov vuole vincere ma è il primo ad andare in asfissia. Vlasov, che non ha tirato un metro, sembra il normale favorito. Ma è Castrillo a tirare fuori il coniglio dal cilindro. Attacca, rallenta, il russo rientra, lui si contorce e riparte. Nella nebbia che avvolge questo colosso asturiano la vittoria che gli cambierà la carriera. Pablo non è più una sorpresa, questa è la sua conferma.
«Dopo la vittoria di giovedì Manzaneda ho più fiducia nei mei mezzi - afferma lo spagnolo della Kern Pharma -. Soprattutto in corsa sono più tranquillo, ho meno nervi». Ma cosa gli passava per la testa sulle tremende rampe finali? «A niente, solo a spingere più forte possibile sui pedali. Quando ho visto che Vlasov soffriva come me ho provato a dare il tutto per tutto. Sapevo che avrei dovuto soffrire fino in cima, è andata bene. Questa è una vittoria storica per me e per la squadra. Inaspettata. Incredibile». Nel suo futuro, nel 2025, ci sarà l’Ineos. «Ma per ora non ci penso. Voglio stare concentrato sulla Vuelta e godermi questo momento. Chissà che non ci siano altre fughe buone».
Tra i big di classifica il più brillante è Mas. Il maiorchino della Movistar va forte, accelera, attacca, prova a fare saltare il banco. Guarda avanti con occhi spiritati, stringe i denti. Il grande salto, quello della definitiva consacrazione a big delle grandi corse a tappe, sembra sempre li, a un soffio. Eppure ogni volta manca un sospiro, il momento magico. Forse in salita il più forte di questa Vuelta è proprio lui. Oggi stacca di qualche metro Roglic, ma lo sloveno rientra e taglia il traguardo alla sua ruota.
Ecco, Roglic, appunto. Lui e i suoi “tori rossi” speravano nel doppio colpo e Vuelta in buca: tappa e maglia. Niente da fare, né tappa, né maglia anche se ora la vetta delle generale è più vicina. Ci arriverà anche probabilmente. Intanto oggi, a circa 25 chilometri dal traguardo, con la corsa in un momento infuocato si sposta sulla destra per espletare i suoi bisogni senza scendere dalla bici con la telecamera che lo inquadra frontalmente. Poi si ferma e cambia bici. Non solo passa a un monocorona con pacco pignoni da mountain bike, cambia completamente assetto. Una mossa che potrebbe anche avrebbe un senso tattico, oltre che di marketing. Il punto è che per rientrare, dopo una doppia curva, lo sloveno si appiccica alla sua ammiraglia.
Resta cinquantaquattro (54) secondi con la ruota anteriore attaccata al paraurti: non un bello spettacolo. Altro che sperimentare i cartellini gialli. E se fosse andato in rosso, sulla sua maglia ci sarebbe stata una grande macchia nera. Fatto sta che la giuria gli rifila 20 secondi di penalizzazione. Che magari non saranno molti, o non saranno decisivi a Madrid, ma di certo macchiano l’immagine dello sloveno e della sua Red Bull. Venti secondi che sono anche un segnale.
Fatto sta che O’Connor, bravo a resistere in salita, perde solo 38” da Mas e Roglic. L’australiano della Decathlon, che nel 2025 vestirà i colori della Jayco, mantiene la maglia rossa anche se il suo vantaggio si assottiglia. Ora ha 1’03” di vantaggio sullo sloveno e 2’23” sullo spagnolo. Quarto è Carapaz a 2’44” e ciò vuol dire che a meno di un in atteso tracollo O’Connor ha praticamente assicurato un posto sul podio domenica prossima a Madrid. «Salire sul podio al giro o alla Vuelta era il mio obiettivo di questa stagione. Ora ho questa maglia che voglio tenere il più a lungo possibile. Ho fiducia di riuscirci anche perché in montagna, quando la strada sale, mi sento bene. Però so che vincere sarà difficile, che potrei avere una giornata negativa, ma questo potrebbe succedere anche a Roglic». Inevitabile una domanda sul comportamento del suo rivale dopo il cambio bici. «Non so cosa è successo, se ha bucato e se ha cambiato bici. Non so nulla. Credo siano tutte speculazioni». Nel caso gli servissero per farsi un’idea, le immagini sono facilmente disponibili in rete.
Domani, intanto, la Vuelta si gode a Oviedo la seconda giornata dio riposo. Riaprtirà martedì con la Luanco-Lagos de Covadonga. Un traguardo mitico.