Tadej POGACAR. 10. “Gna fà”, non ce la fa a regalar tappe. È un agonista e come tale si comporta. Non è qui per fare le pierre, è qui per vincere il Tour de France, a viso aperto. I saggi diranno: vedrai che pagherà tutto assieme. Credete davvero che non lo sappia, che non l’abbia messo in conto? Fin che può si diverte lui, e quando sarà il momento si divertiranno gli altri, per il momento godiamoci questo ciclismo, che ci fa parlare di ciclismo, che ci divide in fazioni, che ci tira fuori il meglio e il peggio di noi stessi, pur sempre nel rispetto della lealtà sportiva. Ricordo a diversi ex corridori che parlano di “codici non scritti”, che un regolamento c’è è parla chiaramente di lealtà sportiva. Ogni atleta è chiamato a dare sempre il massimo, fino alla fine, pena – se un giudice volesse essere fiscale - anche la squalifica. Nota a margine: maglia gialla color del sole, ma anche dell’oro, come il valore di questo prodigio della natura che Mauro Gianetti si terrà ben stretto ritoccandogli l’ingaggio e portandolo a 12 milioni di euro a stagione. Numeri da record, anche in banca.
Jonas VINGEGAARD. 10 e lode. Immenso, fino alla fine, per come si difende, per come attacca Evenepoel, per come accetta il verdetto della strada e il non regalo di Taddeo: «Ho spinto forte pur sapendo che, se fossimo arrivati allo sprint, non avrei avuto chance. Non devo rimproverarmi, nulla, né Tadej ha qualcosa da rimproverarsi. Io sono contento di come sono andato», l’omaggio del danese. Noi siamo contenti di vederlo lì, appena sotto l’immensità, anche lui è infinito.
Richard CARAPAZ. 10. Lotta come un leone, sarà non solo il degno grimpeur del Tour, ma anche il più combattivo, con una condotta di gara da grande corridore, che qui arriva non al top, ma chiude in un crescendo di assoluto livello e qualità. Meriterebbe la vittoria, ma con questi due mostruosi corridori il suo terzo posto vale quanto un successo.
Remco EVENEPOEL. 8. Non si risparmia, anche lui non fa calcoli, in perfetto ciclismo contemporaneo. Non pensa alla gallina di domani, ma all’uovo di oggi, che alla fine è un po’ sbattuto, ma buono lo stesso. Grande Tour, per un corridore del quale non abbiamo scoperto ancora tutta la grandezza.
Enric MAS. 6,5. Corsa di avanguardia, ma alla fine arriva con le polveri bagnate.
Joao ALMEIDA. 10. È un uomo squadra. L’uomo più valido, dell’uomo più prezioso. Senza prezzo.
Matteo JORGENSON. 7,5. Grande lavoro il suo, anche se da l’idea di essere parecchio in riserva.
Mikel LANDA. 8,5. Trova la sua dimensione: spalla di prestigio per un corridore prestigioso.
Adam YATES. 8. Fa corsa per sè, per risalire posizioni e ne guadagna una. Per gli UAE tre corridori nei primi sei: Pogacar 1°, Almeida 4° e Adam Yates 6°.
CASSANI & MAGRINI. 10. I gemelli diversi della tivù, uno per quella di Stato, l’altro per Eurosport. Uno al fianco di Stefano Rizzato, l’altro di Luca Gregorio. Uno ex corridore di buon livello, l’altro anche. Entrambi opinionisti muniti di opinioni, provano a difendere l’operato di Taddeo che vince senza soluzione di continuità, come facevano i Merckx e gli Hinault, i quali non lasciavano agli avversari nemmeno i circuiti (Eddy arrivava anche a doppiare gli avversari), visto che divoravano tutto e tutti e proprio per questo sono ancora oggi nella storia del ciclismo perché hanno fatto i Merckx e gli Hinault: fino in fondo, sempre. Cassani e Magrini si battono per far capire questa cosa elementare al popolo del ciclismo (sono fortunatamente una minoranza), un po’ come spiegare che la terra è rotonda, ma alcuni hanno davvero la testa quadra.
Lance ARMSTRONG. 2. Il grande baro e bugiardo (liestrong) ha la pretesa di insegnare le buone maniere. Dopo aver mangiato a quattro palmenti con le mani a più non posso, ora vorrebbe insegnare il galateo. Per spiegare l’ingordigia di Pogacar, rasenta il comico: «Non deve fare l’errore di farsi odiare e di far venire dubbi sulla sua grandezza», dice il libero pensatore a piede libero. E poi ancora: «Vi ricordate sul Mont Ventoux? Ho lasciato vincere la tappa a Marco Pantani, ma lui non ne era contento». Ma va?
Quelli CHE… 2. Forse è giusto che il ciclismo sia considerato uno sport di poveretti, fatto di bari e persone poco raccomandabili. Forse è giusto che non si debba trovare sponsor per allestire una squadra di World Tour come è altrettanto giusto che ci considerino sempre la cenerentola tra gli sport più nobili e popolari. Non appena si ha un campione, o meglio dei campioni di livello superiore che divertono e incatenano l’interesse degli appassionati (anche noi come sito stiamo facendo ascolti pazzeschi), ecco che ci si impegna nella demolizione. E la cosa curiosa è che questo meccanismo autolesionistico da “cupio dissolvi” viene proprio dal nostro interno, da ex corridori e addetti ai lavori, quelli che… la sanno sempre lunghissima, senza per altro produrre una prova che una. Io, noi, molti come me e come noi saranno anche “dei pistola” che bevono tutto quello che vedono, ma non mi sono mai permesso di pormi domande o denigrare l’operato di Sinner o Alcaraz, della nazionale spagnola campione d’Europa o del Real Madrid. Gusto lo spettacolo, punto. Spesso si accusano i giornali e i giornalisti di essere sempre pronti ad avanzare dubbi “ad cazzum”, ma la cosa bella è che oggi stiamo vivendo un processo di autodemolizione dal nostro interno che è semplicemente folle e doloroso. Nel mondo della scienza un test per essere considerato valido deve essere replicabile. Nella pratica scientifica la riproducibilità dell'esperimento è fondamentale: è un modo per controllare i dati e renderli disponibili per ulteriori ricerche e di trasparenza. Tutti i confronti che vengono fatti in questi giorni a distanza di anni non hanno alcun valore scientifico. C’è solo un modo, che è dato dal tempo: test, provette e analisi. Attendiamo fiduciosi.