Oggi evitiamo di fare tanti calcoli sulla potenza, tanto basta il cronometro. Pogacar sul Galibier, quarta tappa del Tour, ha sbriciolato altri record. Sui 23 km complessivi della salita da Le-Monetier-Les-Bains ha impiegato 50’41”, ovvero circa due minuti meno del record stabilito da Pinot nel 2019. Se invece si calcola solo il tratto più duro, gli 8,6 km (e 581 metri di dislivello) dal Lautaret il tempo impiegato dalla nuova maglia gialla è di 20’48”, ovvero 2’35” meno sempre del francese. Un marziano.
«Si - attacca Mario Cipollini - Pogacar è stato strepitoso e la sua Uae si è dimostrata la squadra più forte e in grado di dominare il Tour. Ma è stata una tappa come da programma, non mi sorprende. Però guarda che il Tour è lungo e siamo solo alla quarta tappa. Sarà fondamentale come ognuno saprà gestire il suo capitale di energie. Se hai in tasca 50 monete, che sono le tue energie, le devi spendere in modo oculato lungo il percorso per arrivare al traguardo. Se le sperperi rischi di trovarti in difficoltà».
Però questo Pogacar sembra un extraterrestre, imbattibile.
«Lo scorso anno dopo tredici tappe sembrava avesse il Tour in tasca, poi… ».
Che mi dici di Vingegaard?
«Che perdere quasi un minuto non è bello. Però non avrà lo stress, specie nel dopocorsa, che invece ha il leader. Lui per le prime due settimane, come ti avevo detto alla vigilia, deve cercare di restare il più attaccato possibile a Tadej e sperare, come in passato, in una terza settimana stellare. Il suo umore stasera sarà stabile tendente al brutto, quello di Pogacar stabile tendente al bello».
Senti Mario ma può essere che il danese in discesa sia un po’ titubante, indeciso, a seguito dell’incidente che ha avuto ai Baschi? Che, per inciso, nei giorni scorsi noi non abbiamo messo in dubbio l’incidente stesso. Il dubbio, sorto anche dopo avere parlato con qualche medico, era sulla diagnosi emessa, sullo pneumotorace.
«Assolutamente si. Vingegaard mi sembra bloccato. Se vai a rivedere le immagini della crono dello scorso anno, quindi anche con una bici tecnicamente più difficile, si nota una grande differenza. Lo scorso anno sembrava molto abile. Faceva pieghe da paura, bravissimo. Ora si vede che è timoroso. Più che comprensibile».
Ero curioso di vedere Roglic. Non mi pare sia andato male. Concordi?
«Mi pare in crescita. Ha fatto fatica ma era lì. Secondo me ha bisogno ancora di qualche giorno per mettersi a posto».
Definirei la prova di Evenepoel in bianco e nero. Bravissimo in salita, molto meno in discesa.
«E anche su questo concordo. In salita Remco mi è piaciuto molto perché è stato in grado di stare con facilità con i primi fino quasi in cima. Però non può scendere così. Bisogna che in Soudal qualcuno glielo insegni bene. Gli ho visto fare più di una curva con i piedi pari, come si fa con le bici da passeggio. Il piede esterno va spinto giù, inchiodato a terra con forza perché deve creare quel vincolo che ti dà sicurezza. Poi bacino e spalle devono compensare le forze che si creano con la velocità e l’angolo di curva. Poi, tornando alla sua gara, secondo me oggi quando è rientrato su Roglic doveva tirare dritto. Andava a doppia velocità».
Ma si può imparare a scendere? Perché mi ricordo, per esempio, che per Basso, nel fiore della carriera, alla Liquigas sono diventati matti. Le hanno provate tutte ma alla fine Ivan faceva spesso curve geometriche, ad angolo.
«Certo che si può imparare, si può migliorare. Se uno t’insegna qualcosa che ti aggiunge sicurezza lo ascolti volentieri. Credo che Remco si possa plasmare. In fondo non è da tanto che corre».
Chiudiamo per oggi con Rodriguez. Il ragazzo spagnolo viaggia.
«Eccome! Sta facendo una bella corsa e sta crescendo molto. Da tenere d’occhio perché può essere il terzo incomodo di questo Tour».