Bartali? Andava come un treno. Coppi? Filava come un rapido. Pantani? Era a cremagliera.
Trenitalia accoglie il Tour de France e lo omaggia con Gino Bartali, Fausto Coppi e Marco Pantani stampati su un treno regionale Rock di Trenitalia Tper con i colori e il logo della Grande Boucle. Il treno viaggerà in Emilia-Romagna, Marche, Piemonte, Veneto e Lombardia, sulla tratta della via Emilia da Ancona a Milano. Sul Rock in giallo saranno anche visibili i simboli delle città che ospiteranno le tappe italiane del Tour, insieme alle immagini rappresentative dei tre vincitori italiani del Tour. Tre dei sette. Perché gli altri (Ottavio Bottecchia, Gastone Nencini, Felice Gimondi e Vincenzo Nibali) non ci sono. Pochi vagoni? Poca memoria?
Bicicletta e treno, vite parallele. E anche sovrapposte. Primo Giro d’Italia, 1909. Chi abbandona la corsa, non ha il camion-scopa degli organizzatori né la macchina di un amico né tantomeno l’ammiraglia della squadra, ammesso che abbia una squadra. Sale sul treno e torna a casa. Sempreché abbia i soldi. E quasi sempre non li ha. Umberto Ceccarelli, da Bologna, dorsale 74, “si sente male e vuol prendere la ferrovia - è scritto sulla “Gazzetta dello Sport”, data 19 maggio, tappa numero 3, Chieti-Napoli (e ripubblicato in “Cronache del primo Giro d’Italia”, La Vita Felice, 1998) -. Ma il poveraccio non ha soldi. Gli do venti lire. Voglio sperare che siano poche queste defezioni, altrimenti…”.
Poco prima, alla partenza, “il delegato dell’Unione Velocipedistica Italiana, cav. Carozzi, avverte Granata e Lodesani che sono squalificati perché hanno preso il treno”. V. (il nome non è specificato) Granata, da Corsico, dorsale 41, e Guglielmo Lodesani, da Intra, dorsale 58. E non è tutto. “Provinciali, altro trenista e nota macchietta milanese (Andrea Provinciali, in verità da Brescia, dorsale 10, ndr) sotto le spoglie di fattorino express è partito ieri sera per Milano in seguito a una colletta per pagargli le spese di viaggio”. Granata e Lodesani, “che non sanno darsi pace per essere stati scoperti”, partono comunque, anche se fuori gara.
Il paragone fra corridore e treno nasce quasi spontaneo: se Learco Guerra è “la locomotiva umana”, Ercole Baldini diventa “l’elettrotreno di Forlì”. Anche il linguaggio è cicloferroviario: il treno è la squadra che tira la volata al proprio velocista, la trenata è una lunga indefessa tirata in testa a tagliare l’aria e creare una scia. A volte la seconda vita dei corridori è quella da ferrovieri: come è accaduto a Vito Di Tano, campione del mondo di ciclocross (e forse anche di accelerati).
A volte, invece, le strade delle corse, in bici e in treno, si incrociano. Con qualche problema ai passaggi a livello. Chi passa sotto, come Giovanni Gerbi, il Diavolo Rosso, chi aspetta pazientemente sperando nella neutralizzazione del tempo, come in certe Parigi-Roubaix, chi non si sa come dove e quando, ma si sa perché, un po’ schivando la sbarra e un po’ inchinandosi al regolamento, come Nino Defilippis in una foto in bianco e nero (come la sua maglia della Carpano), il bianco dell’innocenza e il nero della sfortuna.
Passato il Tour, anche Bartali, Coppi e Pantani torneranno a pedalare in bicicletta. Signori, si scende.
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