Oggi è una giornata complicata. Ieri sera quando ci siamo salutati Mario Cipollini mi aveva detto che oggi voleva saltare. Niente zampata. «Falla tu da solo. Io non me la sento. Domani mi stacco. Non sono in condizione». Non serve essere un genio per capire la sua amarezza. L’arrivo del Giro a Lucca, lui escluso. Non considerato. Così è dal mattino che resto con il dubbio: cambierà idea? Io sono dalla sua parte, non me la sento di forzare. Lo capisco. Però è un peccato anche saltare una zampata. C’è chi aspetta il parere di Re Leone, la sua opinione.
E’ così, sperando anche che non mi mandi al diavolo, che in tarda mattinata lo chiamo. Eravamo d’accordo di sentirci domani, chissà. Dopo tre squilli il rumore del vento irrompe nello smartphone. Mario sei in bici? «Sì! Faccio una bella pedalata”» E che si fa con la zampata: passiamo o la facciamo? «Sentiamoci dopo la tappa».
E’ andata bene. La bicicletta e la fatica hanno rasserenato l’anima al Re Leone. Ma forse la parte più importante l'ha fatta Francesco Moser. Poi vi spiego il perché. Così, tre minuti dopo la fine della tappa, eccoci di nuovo al telefono.
Allora Mario a Lucca tutti si aspettavano la volata è arrivata la fuga.
«Le squadre dei velocisti, ma in particolare modo da Lidl-Trek, sono da prendere a zampate. Hai il corridore più in forma che il giorno prima ha vinto in modo splendido e che qui ha vinto facile la volata di gruppo, come fai a mandare via una fuga con quattro corridori così? Hanno valutato molto male le cose».
Sbagliati i calcoli nonostante ormai tutti i team studino, almeno così dicono, ogni minimo dettaglio compreso quelli del percorso e del meteo. Davanti alla corsa hanno anche quella che chiamano auto civetta.
«E non sapevano che in Freddana tra discesa e vento a favore la differenza di velocità tra fuggitivi e gruppo non sarebbe stata molta? Invece che fare tanti studi e tanti calcoli dovevano mettersi a tirare subito per arrivare più vicino possibile alla fuga prima del Monte Magno».
Faccio l’avvocato del diavolo: la squadra di Milan ha ricevuto poco aiuto dagli altri team dei velocisti.
«Che gli avversari non collaborino mi sembra abbastanza ovvio. È successo per una vita anche a me e alle mie squadre. Chi ci aiutava? Le castagne dal fuoco dovevamo togliere noi. Però era molto difficile che una tappa per velocisti non arrivasse in volata. Sapevamo alla perfezione come muoverci».
Voi avete fatto scuola. Forse è anche un questione di cultura, di abitudine a questo tipo di lavoro?
«Può darsi. Poi ti dico un’altra cosa che non è secondaria. Questa occasione non andava sciupata anche perché ora per qualche giorno sarà difficile arrivare a una volata. Milan, te lo ripeto, è in una forma splendida che va sfruttata perché tra qualche giorno le cose potrebbero cambiare. Non è detto che i valori restino uguali».
Qualcuno sostiene che Milan ti assomigli?
«Mah, sai quante volte hanno detto che un velocista mi assomiglia? Tante. Di sicuro lui è un corridore forte, potente, esplosivo. Un bell’atleta che sa far valere la sua supremazia fisica, un corazziere, ed è anche eclettico. Ben venga. Il paragone non mi provoca fastidio, ma neppure piacere. E’ uguale».
Nonostante gli sia tornato un po’ di buonumore per Mario è stata una giornata dura. La svolta decisiva è arrivata da una persona per la quale Cipo ha una stima infinita
«Mi ha chiamato Moser ed è stata una grande gratificazione. Francesco è un vero amico, un gigante. Il mio mito. La sua chiamata è stata una cosa fantastica».