Ho sentito gente, alla partenza, dire cose così: “Magari, oggi, sul Capo Mele, gli si chiude di nuovo la vena e...”.
Lo chiamerei effetto Pogacar. Il Giro ha speso bene i suoi soldi per ingaggiarlo. Un investimento perfetto, che come tutti gli investimenti intelligenti funge da formidabile moltiplicatore (vedere eventualmente Keynes).
Oltre ai risvolti palancai, questo effetto Pogacar ha ribaltato nel giro di pochissimi giorni il clima generale qui al Giro e anche là fuori, oltre il Giro, tutto attorno al Giro. Basta porgere l'orecchio e allungare l'occhio: a parte lo spettacolo spadellato nelle prime tre tappe, anche soltanto questa nuova bega mondiale (“Pogacar campione da tenere così e guai a chi vuole cambiarlo”, “Pogacar da gestire, Pogacar che deve imparare a darsi un controllo, Pogacar che se fa l'ingordo si sbatte via, Pogacar che manca di rispetto agli altri”), anche questo forsennato bipartitismo dicevo è comunque grasso che cola per il Giro e per il ciclismo in generale, perchè comunque li pone al centro dell'attenzione e delle discussioni, proprio l'esatta manna di cui necessitiamo in questo periodo dalla tinta grigiore.
Che vinca o che perda, Pogacar fa il Sinner per il ciclismo. E questo è quello che conta. Simpatico o antipatico, resta il risultato. Quanto alla sua folle bulimia, che il Cielo la mantenga intatta: per lo spettacolo, ma anche per il gusto impareggiabile della polemica e delle risse al Bar Sport.
Nessun attacco però sul Capo Mele, perchè il ragazzo sarà anche folle, ma non è un juke-box e tanto meno è fuori di Capo. Piuttosto, il segreto e inespresso appuntamento col prossimo show è chiaramente per venerdì, 41 chilometri umbri a cronometro, e mi pare sia detto tutto...
Diciamo se mai che in questi giorni di letizia a Pogacar arriva persino un regalo sontuoso, sotto forma di annuncio social. Parla l'altro, l'antagonista, il rivale, quello che manca qui in Italia e che s'è temuto persino di vedere mancare molto a lungo, parla Vingegaard: “Sono tornato sulla bici per la prima volta. E' bello essere finalmente in grado di tornare in sella come sempre. Tornare in strada è fantastico. Mi sento bene, miglioro giorno dopo giorno. La mia guarigione non è ancora completa, ma mi sento meglio. Naturalmente spero di essere al via al Tour de France. Non so come proseguirà la mia guarigione, ma farò il possibile per esserci”. Dopo la terribile caduta al Giro dei Paesi Baschi, dopo fratture e pneumotorace, riemerge l'ottimismo di vederlo in Francia.
Perchè è un regalo personale mandato a Pogacar? Perchè senza Vinge nemmeno Pogacar è Pogacar, come già abbiamo visto in questi primi giorni di Giro, con il disco messo su a ripetizione, “facile vincere così, senza Vingegaard”. Di più, in tanti si portano pure avanti, “ti credo che farà la doppietta Giro-Tour, Vingegaard è fuori uso”.
Meglio, molto meglio che Vingegaard ci sia. Per la sua salute, ovvio, prima di tutto, ma anche e persino per lo stesso Pogacar: di vittorie con il se e con l'asterisco non sappiamo cosa farcene, neanche fosse una colpa sua se l'altro è caduto. Tifo sfrenato, sincero, appassionato per Vinge, perchè torni e torni al Tour. Così da restituire anche a Pogacar quello che gli spetta, la dignità assoluta del duello supremo, proprio quello che gli rinfacciano dalla prima tappa del Giro, come se questo fenomenale ragazzo non stesse facendo di tutto per compensare il vuoto, spendendosi al massimo, spendendosi tutto. Senza che neanche ce ne sia la necessità. Corre al 100 per cento quando gli basterebbe il 50. Usa due gambe quando gliene basterebbe una. E gliene fanno pure una colpa. Ingrati.