Avrebbe potuto raccontarci come si fa a portare le borracce e, allo stesso tempo, conquistare la maglia rosa. Avrebbe potuto insegnarci come si fa a dire no-grazie a un ingaggio più generoso e preferire un ambiente più affettuoso. Avrebbe potuto incantarci con storie di salite e discese, di passi e contrappassi, di cuori matti e gambe dure. Avrebbe potuto spiegarci la differenza fra il pane quotidiano e il pane per i nostri denti.
Una mostra su Ugo Colombo. Organizzata dall’associazione Ugo Colombo – hombre vertical (la definizione ha i diritti d’autore di Gianni Mura). Nella sua San Giorgio su Legnano, nelle sale del Comune, che ha anche dato il patrocinio all’iniziativa, ingresso libero. Da ieri fino al 18 maggio, negli orari di apertura del Comune. Con i cimeli del corridore e le opere di 250 fra alunni della scuola primaria Gianni Rodari e studenti della scuola secondaria di primo grado Giuseppe Ungaretti. Il titolo – “Ugo Colombo: per lo sport leale, pulito e sostenibile” – dice tutto sul valore educativo dello sport, del ciclismo in particolare, di Ugo Colombo nel privilegio e nell’orgoglio locale. E il merito va innanzitutto a Renzo Zannardi, che prima con un libro (“Un campione alla Ugo Colombo”, Velar Marna, 448 pagine, 32 euro, prefazione di Germano Cavalli e postfazione di Walter Cecchin), e adesso con questa mostra, rinnova la memoria e un po’ anche la nostalgia. Venerdì 10, alle 20.45. nella sala consiliare, è in programma anche un incontro per raccontare Ugo Colombo e illustrare l’attività scolastica con 1200 bambini, ragazzi e genitori del territorio.
Undici anni da professionista (dal 1964, quando debuttò nella Springoil, gli altri 10 anni nella Filotex) e 11 vittorie vere (fra cui tre tappe al Giro d’Italia, una al Giro di Svizzera e una al Giro di Romandia, più due Coppe Placci), Ugo Colombo (nome e cognome, un tutt’uno) è stato testimone della storia. E lo faceva a episodi. Taccone? “Durante il Giro di Svizzera, mi pare del 1965, ero seduto su una panchina in riva al lago di Murten insieme a un gruppetto di altri corridori, cadde un uccellino dal nido e Vito disse: volete vedere che con un morso gli stacco la testa? Guido Carlesi rispose: se sei capace di fare una cosa simile ti pago una Coca Cola! Lui prese l’uccellino tra le dita e con un morso gli staccò la testa”. Altig? “Rudi, quando era alla Molteni, mangiava montagne di pasta e carne e beveva birra. Poi si faceva riempire la vasca da bagno con dei cubetti di ghiaccio e vi si immergeva, restandovi rilassato finché il ghiaccio non si era completamente sciolto”. De Prà? “Un giorno Tommaso De Prà, altro compagno di Altig, disse: voglio provare a fare come Rudi. Noi facemmo di tutto per dissuaderlo, gli dicemmo che non era un tedesco... ma lui mangiò pasta e carne e bevve vino in grande quantità, poi s’infilò nella vasca da bagno ricolma di ghiaccio. Dopo pochi minuti sentimmo le sirene dell’ambulanza che venne a prenderlo in preda a una congestione”. Fornoni? “Alcune sere Giacomo girava per l’hotel vestito con una tuta nera come fosse Diabolik e bussava alle camere dei soggiornanti facendoli sobbalzare”.
Lo stesso clima, reale e familiare, lo si respira alla mostra. La contemporaneità con il Giro d’Italia è un omaggio per tutti.
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