Tadej Pogacar si racconta con semplicità, come sempre, anche se la sfida che lo attende nel 2024 è certamente di quelle più difficili. «Che il Giro mi affascini l'ho sempre detto, da anni volevo correrlo e ora penso sia arrivato il momento giusto. In Italia mi sento a casa, so che avrò tantissimi tifosi ad incitarmi, tanti italiani e tanti sloveni. La vicinanza della Slovenia all’Italia mi ha sempre fatto amare la corsa rosa e ricordo quando a Trieste da ragazzino ho visto vincere Mezgec, per me è stato un momento indimenticabile. La doppietta? È una delle cose più difficili da realizzare, ma facciamo un passo, o meglio una corsa alla volta, prima c'è il Giro, poi penseremo al Tour. Pantani? È stato un grandissimo, so che per tanti è un eroe ma non per me, sono troppo giovane per vederlo così».
E poi ancora: «Il Tour? È la corsa più grande del mondo ma nel ciclismo ci sono tante belle cose da fare, tante sfide e sicuramente verrà un anno nel quale non correrò la Grande Boucle. Vingegaard? Io, ma non solo io, tutta la squadra sta lavorando per migliorare sempre. Non dobbiamo correre contro qualcuno, ma contro tutti. E ci sta il fatto che in certe corse uno possa essere migliore di te».
Le scelte: «Ovviamente la decisione di affrontare Giro e Tour ha portato a scelte inevitabili, come quella di sacrificare le classiche del Nord e non difendere il titolo al Fiandre, all'Amstel o alla Freccia. Ma, lo ripeto, di corse e occasioni ce ne sono parecchie: c'è un mondiale che mi piace, per esempio...».
E naturalmente nei pensieri di Pogacar ci sono anche le Olimpiadi. «Una grande sfida? Certo, ma anche una corsa diversa dalle altre, con pochi corridori in gara e pochi atleti per ogni squadra. Sembra un campionato nazionale ma con 100 chilometri in più. In casa ho già il bronzo di Tokyo ma vorrei ripetermi o meglio ancora... migliorare. Mi sento pronto, del resto il mio obiettivo è provare a vincere sempre».