Tadej POGACAR. 10 e lode. Non solo difende alla grande il suo posto d’onore, ma si va a prendere anche la seconda tappa, la numero undici in carriera sulle strade di Francia, la vittoria numero 16 in questa stagione, la numero 43 per la Uae Emirares che va a pareggiare i conti proprio con la Jumbo Visma. Una vittoria tutt’altro che scontata per Pogi, per il “bimbo” sloveno, dopo la crisi di Courchevel. Un altro al suo posto avrebbe fatto le valige, lui si è messo nel baule l’amarezza e ha cercato in due giorni di liberare la testa dalle tossine, dalla fatica. Oggi ha dimostrato di che pasta è fatto. Ha ribadito che, a differenza del danese, non addormenta la corsa, cerca di animarla, promuoverla. È lui l’antidoto alla dittatura di Vingegaard, se non ci fosse questa diarchia, il ciclismo tornerebbe là, dove per anni è stato: un uomo solo al comando, con una squadra inattaccabile e la noia sia con noi.
Felix GALL. 10. Perde la maglia a pois, ma che corridore. Nel finale, dopo lo scatto di Pogacar e il conseguente surplace tra lo sloveno e il danese, ecco che arriva in soccorso l’austriaco. Fa tutto lui e il posto d’onore è anche poco per un ragazzo così.
Jonas VINGEGAARD. 8. Amministra la corsa, senza sprecare una sola pedalata, senza andare in affanno. Fa il minimo per tenere lontano lo sloveno e le malelingue: se avesse vinto, chissà cosa si sarebbero inventati.
Simon YATES. 8. Fa un corsone, per guadagnare una posizione in classifica. Finisce quarto, finisce in crescendo.
Adam YATES. 8. Corsa di livello, di lotta e di governo, per il capitano e per sé stesso. Finisce sul podio, al terzo posto. scusate se è poco.
Carlos RODRIGUEZ. 17. In avvio di tappa cade e prende una paurosa musata. Purtroppo per lui gli costa il sogno del podio. Scivola indietro, per colpa di una scivolata.
Thibaut PINOT. 10. È il suo canto del cigno, il suo ultimo volo ciclistico sulle strade di casa, tra la sua gente. Che emozione, che bello, che gara.
Sepp KUSS. 17. Sfortunatissimo l’americano della Jumbo Visma. Finisce per le terre con Carlos Rodriguez: per entrambi botte da tutte le parti e ferita all’arcata sopraciliare sinistro. Per entrambi una tappa che si trasforma in autentica sofferenza. C’è il dolore che inebria e quello che fa soffrire. Oggi per i due è la giornata della sofferenza.
Guillaume MARTIN. 7. Gli va bene, anche se nessuno ti regala niente, perché per i regali bisogna essere lì, pronti a riceverli. Cade Kuss, che perde la top ten e ci entra il “filosofo”. Bravò.
Giulio CICCONE. 10. Il Ballon d'Alsace è suo! Primo il Cicco, con alle spalle due compagni di squadra che portano via punti a tutti. Bravi bravissimi Skjelmose e Pedersen. Stesso copione per il Col de la Croix des Moinats: primo lui, con alle spalle l’angelo custode Skjelmose. Completa il lavoro sulla côte de Grand Pierre: primo il Cicco e alle sue spalle Mattias Skjelmose, Warren Barguil e Maxime Van Gils. Manca l’ultimo sforzo: c’è da vincere il Col de la Schlucht di 3° categoria: e vince! Et voilà! Les jeux sont faits. Il Cicco, 31 anni dopo Claudio Chiappucci, riporta la maglia a pallini in Italia. Era il pallino di Giulio, l’aveva dichiarato alla vigilia della corsa, voglio una tappa e la maglia a pois: la maglia è arrivata. Domani salirà sul podio di Parigi, per la gioia sua, per la gioia della Lidl Trek, per la gioia del maglificio Santini che è sì la maglia della corsa, ma anche del team diretto da Luca Guercilena. Ma la gioia è anche nostra, di noi italiani che, partiti in 7, arriviamo a Parigi in 6 e uno di loro salirà sul podio più importante del mondo. Non sono in tanti, noi ci siamo. Giulio c’è!
Mads PEDERSEN. 8. Non è Van Aert, ma lavora per diventarlo, per essere un corridore di livello e spessore assoluto. Oggi lavora per Giulio con la foga e la continuità dei grandi. L’ex campione del mondo è tanta roba, e al mondiale lo rivedremo.
Matteo TRENTIN. 8. Ironico e intelligente come sempre. Gli basta una parola per illuminarti la strada. Gli basta un tweet per far capire che cosa è il Tour de France. «Se avete un booster 50 originale (o lo Zip) non venite alle tappe del @leTour. Minimo un bel 75cc per stare al passo. E qui la chiudo perché ho il mal di gambe».
Matej MOHORIC. 10. Lo conobbi quando passò alla Cannondale nel 2014, me lo fece conoscere Ivan Basso, in un ritiro di Salsomaggiore Terme: «Questo è un corridore». Lo ha dimostrato, lo dimostrerà ancora. Ieri in sella alla sua bicicletta ha fatto qualcosa di bellissimo, ma giù di sella, davanti ai microfoni e alle telecamere ha fatto vedere chi è davvero: una delle interviste più belle di sempre. Sentita come poche, carica di significato, piena di sentimento e umanità. Qualcosa di sublime bellezza, per intelligenza e bontà d’animo. Che bello il Matej ciclista, che bello ascoltare Matej.
Marc MADIOT. 10. Lacrime e voce rotta dal pianto. Un’intervista di questa mattina poco prima del via dedicata a Thibaut Pinot, che oggi correva sulle proprie strade, davanti ai suoi tifosi – tanti, tantissimi, chiassosi e festosi – lui, il grande vincitore di due Roubaix (1985 e 1991) e dal ’97 sulle ammiraglie della Française des Jeux oggi Groupama, non si dà pace per l’addio alle corse di uno dei corridori più apprezzati e amati non solo in Francia. Madiot ha il magone, lui che non è solito a versar lacrime. Lui è passa per essere un duro, ma oggi c’è da onorare Thibaut e lui lo fa con parole dolci come il miele e lacrime amare come a volte sono solo le lacrime.