L’aveva elevata alla fuga più lunga: Giro d’Italia 1975, ottava tappa, la Potenza-Sorrento, 220 km con le salite di Pietrastretta, Agèrola e Faìto, di cui 188 di fuga solitaria, e un vantaggio così ampio che il suo direttore sportivo, Franco Cribiori, gli chiese di frenare, altrimenti avrebbe mandato fuori tempo massimo tutto il gruppo, compresi i suoi capitani, Roger De Vlaeminck e Patrick Sercu. Lui obbedì, rallentò, comunque vinse con quasi nove minuti sul secondo, Giovanni Battaglin.
Stamattina Marcello Osler è andato ancora, e per sempre, in fuga: il 18 agosto avrebbe compiuto 78 anni. Però da tanto, troppo tempo le sue altre fughe erano in surplace, costretto su una carrozzina per un male che lo aveva attaccato misteriosamente, subdolamente, cinicamente, ma lasciandogli la testa lucida, lo spirito libero, l’anima buona. E il conforto del mondo del ciclismo.
Osler è uno di quei pochi che ha vissuto due volte. La prima era cominciata a Canezza di Pergine in Valsugana, ma dove si apre la Valle dei Mòcheni, ed era subito stata illuminata dalla bicicletta. Un giorno, mentre pedalava inseguendo un autobus, Marcello venne notato da un dilettante: “Perché – gli domandò, stupito e ammirato – non corri in bici? Andavi a 60 all’ora”. La prima gita fu a Longarone, a vedere il disastro del Vajont. La prima squadra la Forti e Veloci di Trento, la sede in una baracca di legno dietro la birreria Pedavena. Le prime vittorie sulla strada, compreso un titolo regionale. E la prima lunga trasferta, in Toscana, in quattro in macchina, anche di notte, con una sola coperta. E Marcello, la mattina dopo, avrebbe vinto. Fino al professionismo, otto anni, con Sammontana, Brooklyn, Selle Italia e Sanson, e quel trionfo al Giro d’Italia. Gregario, anche di Francesco Moser, conterraneo. Gregario, ovviamente, naturalmente, caratterialmente, perché di Marcello ci si poteva fidare, aveva una parola sola e un cuore grande così. E dopo l’agonismo, passò da corridore a ciclista, nel senso di titolare di un negozio e di un marchio di bici, vendita assistenza riparazioni. Una passione trasmessa, comunicata, donata.
La seconda vita cominciò, inattesa, quando Marcello andò a fare un giro in bici con il figlio. Niente di impegnativo. Solo un giro in bici, per andare a trovare amici e parenti. Poi, all’improvviso, un malore: giusto il tempo di chiedere aiuto, e Marcello crollò a terra, il volto diventò blu, e per 20 minuti non respirò più, il cuore da atleta, da corridore, da fuggiasco, non frenato o rallentato, ma fermo e spento. Quindi la resurrezione, la rinascita, la riabilitazione, qualche alto e qualche basso, e tanta forza di volontà, una incommensurabile quantità di coraggio e fede da Elena e dai figli, domani è un altro giorno, e di giorni ce ne sarebbero stati tanti, fino a oggi.
Quando le strade del ciclismo si incrociavano, si bussava a casa Osler. Lui, non più a due ma a quattro ruote. Lui, maestro nell’intagliare il legno. Lui, curioso e nostalgico osservatore di ciclismo alla tv. Lui, tra piante e fiori, fragole e mele. Lui, al pianoforte. Perché era sempre lui, lui più di sempre, lui più che mai. L’ultima uscita, lo scorso 24 maggio, su invito di Moser, a Pergine il giorno della partenza della tappa del Giro d’Italia. E qui, ammesso che esista il caso, il casuale incontro e la rituale foto con Primoz Roglic. Gli portò fortuna: tre giorni dopo Roglic avrebbe conquistato la maglia rosa che, quel giorno a Pergine, era ancora indossata da Geraint Thomas.
Il finale di Osler è stato durissimo, come una tappa che finisce su una salita da ribaltamento. Prima una setticemia, poi un tumore al pancreas. Ma, mi racconta Elena, senza smettere di lottare. Le ultime parole, regalate a Claudio Morelli, ex corridore e vicino di casa, sono state dolcissime: “Grazie per la tua amicizia”.
PS L’altro giorno, davanti alla tv, mentre guardavo il gregario Soler prodigarsi per il suo capitano Pogacar, ho pensato proprio a Osler. Perché Osler è il facile anagramma di Soler. E la vita è una ruota, o due, o tre, o quattro.
La cerimonia funebre avrà luogo nella Chiesa Parrocchiale di Canezza lunedì 24 luglio alle 14.30, preceduta dal Santo Rosario che sarà recitato anche domenica alle 20. La camera ardente è allestita al cimitero di Pergine.