
Fabio Jakobsen è uno sprinter puro, uno che con la velocità ha sempre giocato, ma adesso per lui la luce si è nuovamente spenta ed è stato costretto a fermarsi per un problema alle arterie pelviche.
L’olandese, nel 2020 aveva avuto un drammatico incidente durante il Giro di Polonia, quando finì contro le transenne durante lo sprint. In quell’occasione in pericolo c’era la sua vita e passati i giorni di coma farmacologico, Jakobsen tornò alla vita e dopo mesi di riabilitazione con tanti dubbi, tornò a correre. L’olandese è riuscito anche a vincere ancora e poi lo scorso anno dalla Soudal-Quick Step è approdato al Team PicNic PostNL per l’inizio di una nuova avventura. In questa stagione era partito con molta motivazione e positività, ottenendo un sesto e un quinto posto all'UAE Tour, dove c’erano i migliori velocisti del mondo; la speranza cresce ancora, ma allo stesso tempo Jakobsen dimostra di non avere la forza necessaria per puntare alla vittoria. «Quella marcia in più che avevo prima non c’è più - ha dichiarato Jakobsen raccontando la sua storia – Capivo che c’era qualcosa che non andava, ma non riuscivo a trovare l’origine di quel malessere».
Dopo molta frustrazione, si è arrivati alla causa, che si identifica in una piega in entrambe le arterie pelviche, come un tubo da giardino piegato a metà. Durante gli sforzi intensi, le sue gambe si riempivano di acido lattico, perché nelle sue gambe veniva pompato poco sangue e quindi poco ossigeno. «Quello che mi è accaduto non ha nulla a che fare con quell'incidente in Polonia. È una malattia professionale e può capitare a chiunque. Sono molto sollevato che sia stata diagnosticata e che si possa fare qualcosa al riguardo».
Jakobsen è stato operato, ma il fisico del campione olandese è molto provato: il suo recupero sarà estremamente faticoso e non è facile prevedere come e quando tornerà alle corse.
Jakobsen è abituato a tutto, ma un letto d'ospedale è drammatico per chi come lui era considerato uno dei più potenti e impavidi velocisti del pianeta. «La vita è strana, si entra per fare un'operazione del genere in forma smagliante. Poi si passa una notte in terapia intensiva e si esce che si sta malissimo. Mi hanno tagliato i muscoli addominali da cima a fondo. Quindi sono stato aperto verticalmente per raggiungere entrambe le arterie. Una volta terminato l'intervento, l'addome deve essere richiuso ed è lì che sento più dolore, le gambe non mi danno poi così tanto fastidio».
Ci sono diverse tecniche per questo tipo di intervento, ma la problematica di Jakobsen ha obbligato i medici a scegliere l’intervento più invasivo, con postumi pesanti.
«Il chirurgo è stato molto soddisfatto dell'operazione, ma la riabilitazione sarà molto lunga, almeno dalle otto alle dodici settimane. Con un addome in quello stato e quelle arterie dovrò riposare per almeno quattro settimane. Mi è permesso camminare con passo leggero e nient'altro».
Jakobsen non può indicare una data esatta per il suo rientro in gruppo, ma sta calcolando segretamente quando tornerà in questa stagione. Sicuramente non lo vedremo al Tour de France di luglio e forse il rientro potrebbe arrivare per agosto o settembre. «Si perde la forma fisica abbastanza in fretta, ma il vantaggio è che a 28 anni sono ancora giovane e posso recuperare velocemente. Tra quattro settimane dovrò tornare per il primo controllo per vedere se tutto va bene con i vasi e l'addome. Solo dopo la visita potremo elaborare un piano di riabilitazione».
L’olandese in carriera ha ottenuto 46 vittorie e l’ultima risale ad aprile dello scorso anno, ma risolta la questione fisica spera di poter essere competitivo, con la speranza di tornare ad essere il più veloce nelle volate. «Se il controllo andrà bene, forse potrò riprendere ad andare in bicicletta due o tre ore a settimana. Ora sono molto triste, ma purtroppo gli infortuni fanno parte dello sport ad alto livello e so cosa significa lavorare per tornare. La mia curva di crescita si è fermata a causa di questo infortunio. Se tutto il mio corpo riprenderà a funziona correttamente e non avrò battute d'arresto, potrò continuare a crescere come ciclista per qualche altro anno e sperare di essere competitivo fino a 35 anni».