Ieri sera alla presentazione squadre del Giro Donne Annemiek Van Vleuten era la più felice di tutte. Con il sorriso stampato in volto e vestita della sua maglia iridata è arrivata insieme ai bambini delle scuole di ciclismo di Chianciano Terme come se fosse la sua prima volta alla corsa rosa. Per la fuoriclasse olandese i Giri che l’hanno vista al via, compreso quello di quest’anno, sono 12 di cui 3 portati a casa da vincitrice. Annemiek ama l’Italia, non l’ha mai nascosto e tutte le volte si fa letteralmente abbracciare dai suoi tifosi che l’aspettano a bordo strada. In gruppo è la più temuta, ma la cosa non le da peso, ama piuttosto scherzarci sopra dicendo che è pronta ad ogni tipo di attacco. Se in corsa è una cannibale, giù dalla bici ama ridere e chiacchierare con le avversarie, a Chianciano scherza con chi le chiede una foto e appena vede Gaia Realini ed Elisa Longo Borghini con il tricolore si precipita nella loro direzione “ho visto cosa avete fatto domenica, siete state grandissime” dice, prima di ricevere la risposta della campionessa italiana “preparati, in corsa te le faremo vedere delle belle.”
Annemiek Van Vleuten non ha paura, in corsa si trasforma e si diverte staccando le avversarie. Questo sarà il suo ultimo giro d’Italia, a fine stagione dovrebbe appendere la bici al chiodo, mz a chi le chiede di ripensarci risponde nè con un sì né con no, solo con occhiolino. Intanto si gode il calore del pubblico nel paese che ama e che le ha già regalato tanti successi.
Sei la favorita numero uno di questo Giro, non senti la pressione?
«Io amo correre, mi diverto e non sento assolutamente la pressione. Quest’anno in molti mi hanno chiesto se volevo tentare di ripetere i risultati della passata stagione, ma sinceramente non è il mio obiettivo principale. Non mi piace copiare quello che ho già fatto, affronto ogni gara come se fosse la prima volta e sono determinata più che mai a dare il mio meglio. Per questo Giro mi sono preparata a Livigno e penso di aver raggiunto un ottimo stato di forma. Alcune atlete arrivano alla corsa rosa per prepararsi al Tour, penso che questo sia un atteggiamento sbagliato, io sono qui pronta a dare tutta me stessa per correre il mio ultimo Giro con la grinta e l’emozione che avevo anche la prima volta».
Cosa rappresenta per te il Giro d’Italia?
«Il Giro d’Italia è qualcosa di assolutamente grandioso che non mi stanco mai di correre, ogni anno c’è sempre una grande emozione. Mi ricordo la prima volta che sono venuta, era il 2010 e la penultima tappa arrivava in cima allo Stelvio, in quel momento mi sono letteralmente innamorata di questa gara. Penso che ci vuole coraggio a organizzare qualcosa del genere, il Giro è stata la prima corsa a farci arrivare in cima alle grandi salite come succede per gli uomini, siamo arrivati sul Gavia, abbiamo fatto il Mortirolo, è stato pazzesco. Amo questo paese, gli usi, i costumi, i tifosi, tutte le volte che arrivo qui mi sembra di vivere in un sogno».
È come se per te in Italia ci fosse qualcosa di magico…
«Assolutamente sì anche se in realtà non riesco a descriverlo a parole, forse è il calore della gente che mi accoglie, non saprei dirlo. Sicuramente il posto in assoluto più magico è Livigno, per me è ormai un’abitudine fare lì la preparazione e tutte le volte che ci vado mi succede qualcosa di pazzesco: arrivo con mille dubbi circa il mio stato di forma e me ne vado con più consapevolezza e con una preparazione incredibile, allenarmi su quelle strade mi dà assolutamente qualcosa in più. Nei vari ritiri a Livigno ho cercato di imparare un po’ l’italiano, ma è difficile, mi piace la cultura di questo paese, il cibo, i luoghi e il concetto di dolcevita che sento particolarmente mio».
Quali sono le atlete che temi di più per la classifica generale?
«Quest’anno al Giro il livello è altissimo e si prospetta una battaglia molto dura, non c’è una squadra in assoluto più forte, sono tutte ben bilanciate e questo complica ulteriormente la situazione. Le atlete che temo di più sono Gaia Realini ed Elisa Longo Borghini, ho seguito la loro prova dei campionati italiani e penso che abbiano fatto qualcosa di assolutamente incredibile. Poi c’è Marta Cavalli che ritengo una grandissima atleta, l’anno scorso è stato bello sfidarsi, mi è dispiaciuto molto per il suo incidente al Tour De France e sono felice che si sia ripresa al meglio, al Tour des Pyreness ha dimostrato ancora una volta la sua forza. Poi c’è Mavi Garcia che penso sia l’atleta più imprevedibile, l’anno scorso mi ha dato veramente del filo da torcere, è un’atleta completa che va forte ovunque e viene da un ottimo periodo di forma».
C’è veramente una tappa chiave in questo Giro?
«E’ molto difficile dirlo, sinceramente mi aspetto che ogni giorno possa succedere qualcosa; prendiamo per esempio l’anno scorso: la tappa più dura doveva essere quella con arrivo a Maniva, ma effettivamente poi dopo non è stata determinante per la generale. Sulla carta quest’anno la tappa con l’asperità più impegnativa è la quinta, ma il Passo del Lupo è molto lontano dal traguardo. Secondo me bisogna stare molto attenti già dalla frazione tappa che sembra solo apparentemente facile, nel 2017 ho imparato che non bisogna mai rilassarsi, ogni giornata potrebbe nascondere delle insidie e quindi bisogna essere preparati. Quest’anno non c’è una tappa veramente dura e quindi risulta ancora più difficile controllare la corsa, tutti cercheranno di attaccare. Penso che per vincere la classifica generale non occorra semplicemente avere una buona preparazione, ma bisogna essere concentrati ogni singolo giorno».
Cosa diresti ai tuoi tifosi italiani?
«Per prima cosa mi sento di ringraziarli per tutto il supporto che mi stanno dando sia in strada ma anche attraverso i molti messaggi che mi scrivono ogni giorno. Specialmente quest’anno molti mi hanno scritto ringraziandomi per quello che faccio e in particolar modo per farli divertire. Sono tanti quelli che mi chiedono di non lasciare a fine stagione, ma io penso che il momento giusto sia proprio quando tutti chiedono di continuare. Significa aver lasciato una traccia, aver lasciato qualcosa di buono, ma soprattutto aver emozionato».
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