Grazie ad una cartolina rosa la sua vita ha assunto i colori del Giro. Correva l’anno 1994 e il figlio di un amico di famiglia dei Diciatteo sarebbe dovuto andare a lavorare al Giro d’Italia, invece gli arrivò una cartolina rosa, quella per il servizio di leva obbligatorio, e tutto svanì. A quel punto l’amico di famiglia parlò con la signora Maria, la mamma di Stefano Diciatteo e le prospettò la possibilità di coinvolgere per quella avventura rosa il suo figliolo e per Stefano si aprì una porta per la quale pensava non possedere la chiave.
Con quello di quest’anno sono trenta. Trenta edizioni di Giri d’Italia uno di fila all’altro. Per questo ragazzo di 57 anni, con un diploma scientifico e una laurea in Scienze Politiche nel cassetto, un matrimonio con Silvia, con la quale ha avuto una figlia (Francesca), e una compagna di vita (Alessandra), il futuro è da una vita a tinte rosa. «Trenta, numero tondo, sono un bel numero e mi sembra quasi impossibile essere arrivato a questo traguardo – mi spiega il responsabile della sala stampa della corsa rosa, milanese doc, nato alla Mangiagalli il 21 marzo, in zona… Sanremo, del 1966 -. Quello che mi colpisce è il tempo che è volato in un amen. Lo so, lo si dice sempre, ma sembra davvero ieri. Era il Giro di Berzin, ma soprattutto fu quello di Marco Pantani, che in quell’edizione esplose e si fece conoscere al mondo. Un Giro per me indelebile e indimenticabile per mille e più motivi».
Per i primi due anni, però, solo Giro…
«Sì, poi dal 1996 ho cominciato a seguire tutte le corse Gazzetta, prima alla segreteria, poi all’ufficio stampa al fianco di Sergio Meda, ex giornalista Gazzetta e mio mentore. Pensa che all’inizio, quando ero in segreteria, uno dei miei compiti era quello di andare nei bar, nei ristoranti o in ogni posto lungo il percorso dove erano stati messi in palio un traguardo volante, e ritirare i premi da consegnare poi ai corridori».
Ciclisticamente parlando quale è stato il tuo campione del cuore?
«Francesco Moser, su tutti. Mamma Maria era invece coppiana e grande appassionata di ciclismo. Papà Franco, invece, non aveva una grande passione per lo sport».
E un corridore per il quale il cuore pulsava in tempi più recenti, diciamo lavorativi?
«Un solo nome: Marco Pantani».
Tante corse targate Gazzetta, quale la tua preferita?
«La Tirreno-Adriatico».
Perché?
«È chiaramente meno stressante, ma con cast da capogiro. È un condensato di emozioni».
Tanti Giri d’Italia sulle spalle: che corsa ti aspetti quest’anno?
«Io mi aspetto un grande duello tra Evenepoel e Roglic, ma attenzione alle sorprese e ai terzi incomodi, come i ragazzi della Ineos. Teo Gheogegan Hart un Giro l’ha vinto e Thomas ha pur sempre conquistato un Tour, poi c’è la Uae con Almeida, McNulty e Vine. Poi la EF con Ben Healy, 4° alla Liegi, Carthy e Uran».
Passioni?
«Mi piace pescare: per laghi e fiumi».
Libri?
«In particolare i gialli, soprattutto e su tutto quelli di Agatha Christie».
Film del cuore?
«“Nel nome del padre”».
Canzone.
«Adoro il cantautorato italiano, in particolare Francesco Guccini, il mio preferito».
Canzone del cuore?
«Ne ha fatte troppe e soprattutto troppo belle, però ci provo: dico Cirano».
Siamo alla vigilia di Champions: cosa dice il tuo cuore?
«Io da quando lavoro ho saltato solo una tappa del Giro nella mia vita professionale. La prima vittoria di tappa al Giro di Nibali, quella ad Asolo. Ero a Madrid a vedere la finale dell’Inter. E quest’anno salterò quella di Viareggio perché sarò a vedere il derby nella mia curva nord. Soffrirò con mia figlia Francesca, 24 anni, tifosissima anche lei, una vera boysgirl. Ho buone sensazioni, come per questo Giro».