«Papà per me è realmente un eroe, sia come campione che come padre»
Il 33enne Alessio e il 59enne Gianni all'apparenza non hanno molto in comune. Tanto estroverso l'uno quanto introverso l'altro. Ma se è vero che gli occhi sono la porta e lo specchio dell'anima, l'iride azzurro in comune tra loro è il simbolo di quella magia che rende complementari due animi differenti.
A dire il vero, Alessio da Gianni ha preso qualcosa in più della mera colorazione oculare: il motore ciclistico, ad esempio. Al piccolo Alessio sarebbe piaciuto anche calcare le orme paterne in sella a una bicicletta, lui che era neonato quando papà vinceva il Giro d'Italia e si avviava a conquistare due Mondiali di fila. Nelle varie categorie Giovanissimi collezionava vittorie e titoli nazionali: anche quando magari una caduta lo rallentava, riusciva a recuperare il gruppo e regolarlo in volata. C'era sempre però quel clima attorno a lui, quello per cui i suoi avversari (e relativi genitori) sembravano pensare più a "battere il figlio di Bugno" che a fare semplicemente la propria gara. Qualcosa che quando tirava calci a un pallone invece non avvertiva. Fu così che il promettente figlio d'arte decise di lasciare prematuramente la bici e dedicarsi al calcio.
Non sapremo mai che ciclista sarebbe diventato Alessio Bugno, ma da calciatore è arrivato a fare il professionista in Serie C sia italiana (con Pro Sesto e Monza) che inglese (col Carlisle) fino alla decisione di privilegiare gli studi pur continuando a giocare: nel 2013 si trasferisce al Lecco e, oltre a diventare una delle mezzali sinistre migliori della Serie D, si laurea in Servizi Giuridici d'Impresa. Oggi, col numero 6 sulle spalle e la fascia da capitano al braccio, sta guidando il Sant'Angelo Lodigiano nella lotta salvezza nel girone D del massimo campionato dilettanti. Nel frattempo studia anche da allenatore, e dal 2018 gestisce la Milano Football Academy nel quartiere milanese della Barona: una struttura che insegna calcio a 600 ragazzini fino alla categoria Allievi.
In mezzo a tanto calcio, Alessio è a tutti gli effetti il manager di papà Gianni. Tiene la sua agenda, organizza i suoi rapporti commerciali e le partecipazioni agli eventi, partorisce nuove idee legate al suo nome e alla sua figura. Come quella delle biciclette da corsa firmate Gianni Bugno, nate ufficialmente nel 2020 ed evolute di anno in anno. Proprio alla presentazione delle nuove bici GB l'altroieri, presso lo storico Cicli Drali, abbiamo incontrato Alessio che ci ha fatto subito una confessione: «Quando ero piccolo lo vedevo pochissimo, come normale che sia quando tuo papà è un corridore di quel livello, e nella mia mente di bambino a volte ero persino geloso della sua ingombrante figura. Ma ben presto ho capito che anche se non c'era... c'era. Si informava sempre sui miei risultati anche se fisicamente lontano. E seppur spesso a distanza, a essere ben presente era l'esempio di uomo e di sportivo che lui costituiva per me. Mi ha lasciato libertà nelle scelte, le ha rispettate e incoraggiate. Essere oggi il suo manager è quasi un pretesto, il modo migliore che potessi trovare per passare tanto tempo insieme a lui.»
Estroverso il figlio, introverso il padre, dicevamo. «Fosse per lui non metterebbe nemmeno la firma sulle sue stesse bici! - scherza Alessio a proposito di Gianni - Questa è una sua apprezzabile qualità, che io giusto ogni tanto devo un po' "controbilanciare" anche perché avere direttamente a che fare con la sua figura e il suo nome è una cosa bellissima per tanti appassionati. Vi svelo un'altra cosa: i nomi delle due bici da strada che abbiamo appena presentato, 91S e 92B, sono due riferimenti ai Mondiali di Stoccarda e Benidorm che lui ha vinto. Ebbene, non ne sapeva nulla: è una sorpresa che ho voluto fargli.»
Una sorpresa sicuramente gradita, sotto la scorza imperturbabile, da Gianni Bugno. Prima di salutarci, Alessio ci racconta un aneddoto che secondo lui è la perfetta metafora del loro rapporto padre-figlio: «Sei-sette anni fa abbiamo partecipato a una gara ciclistica amatoriale a Belfast. A un certo punto papà si è fermato per una sosta fisiologica e io ho tirato dritto per non perdere le ruote dei migliori. Ho retto fino all'ultima salita, finché ho dovuto desistere. Al che mi vedo arrivare lui, che sorride e mi dice "ti ho cucinato a fuoco lento eh" e ci siamo fatti la scalata finale insieme. Lui non c'era ma c'era, e una volta ricongiunti il percorso l'abbiamo fatto uno accanto all'altro.»