Luigi Ganna, il vincitore del primo Giro d’Italia. Luigi Ganna, il vincitore anche di una Milano-Sanremo, di un Giro dell’Emilia e di una Gran Fondo. Luigi Ganna, il primatista italiano dell’ora. Luigi Ganna, il corridore, il costruttore, l’industriale, lo sponsor. Insomma, Luigi Ganna, uno dei padri costituenti del ciclismo italiano.
Dopo il “Luigi Ganna” di Claudio Gregori (EditVallardi, 2009), non ce n’era più per nessuno. La ricerca negli archivi, i collegamenti storici e culturali, la ricchezza del linguaggio: una pietra miliare insuperabile e imprescindibile.
Invece Stefania Bardelli, senza pretese, è tornata sul pioniere del ciclismo. Lo ha fatto con semplicità, quasi sottovoce. Lo ha fatto per un senso di appartenenza territoriale (Ganna di Induno Olona, lei di Varese), per una storia familiare (il nonno di Stefania, Umberto Gioia, nipote di Luigi Ganna), per una coincidenza geografica (vicina di casa di Maria Ganna, figlia di Luigi) e per la passione sportiva (la bicicletta, molto più di un mezzo, di uno strumento, di una creatura meccanica). E lo ha fatto con pudore, misura, affetto.
Così è nato “40,405”, la distanza percorsa da Ganna nel suo record sull’ora, un libriccino (Sunrise, 80 pagine, 10 euro, la prefazione di Federico Buffa e le foto tratte dagli album di famiglia e ottenute dal Centro documentazione della “Gazzetta dello Sport”) che non si misura ma che sfiora, aggiunge, accompagna il monumento gregoriano. Elegante nella grafica (a cominciare dalla copertina), prezioso nelle testimonianze (“Quando ero un bambino – ricorda il nipote Gianni Marzoli – mi portava sulla canna della bicicletta tutte le domeniche perché si ritrovava con gli amici in piazza Marsala, in centro a Varese. L’appuntamento era l’immancabile bicchiere di vino”) e attento a non dimenticare gli eredi (come il Velo Club Varese).
“Ganna – scrive Bardelli – oggi vive nel vento”, “La bici regala gloria, la bici regala immortalità”.
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