Lo hanno già superato. In altezza. Jolanda ha tredici anni, Giovanni diciassette. Lui, Luciano, ottant’anni scollinati lo scorso 4 ottobre. Jolanda e Giovanni Sambi i nipoti, Luciano Sambi il nonno. Il sambodromo.
Jolanda e Giovanni lo hanno superato in altezza, non (ancora) nei risultati. Perché Luciano da dilettante è stato azzurro (al Tour de l’Avenir e ai Mondiali) e tricolore (virtualmente tricolore, perché modificando l’ordine di arrivo dell’ultima prova gli hanno sottratto il titolo), e da professionista si è rivelato “ramarro” (due anni con la maglia della Legnano) e vincente (Giro di Toscana 1965). Ma anche molto sfortunato. La sfortuna che gli ha accorciato la carriera, per dire solo l’ultima della serie, fu la diagnosi sbagliata di un’ernia del disco.
Però nessun addio alla bicicletta. Officina e bottega, aperti subito, sono diventati un punto di riferimento a Ravenna, vicino allo stadio di calcio. E prima allargando e rinnivando lo spazio, poi raddoppiando il punto, il primo (Casa del ciclo, con la figlia Susi, in via San Mama 148) dedicato alle bici, muscolari ed elettriche, da strada e da città, mountain bike e gravel, per adulti e per bambini, riparazione e vendita; il secondo (Sambi Personal Bike, del figlio Cristian, in via Marconi 75) rivolto a una fascia più alta ed esigente, con tutti i servizi personalizzati, dalla posizione in sella fino alle tabelle di allenamento.
Luciano Sambi, svelto e arzillo, si fa in quattro, anzi, in otto: accoglie i clienti, risponde al telefono, regala consigli e – nel caso – propone, decide, sceglie, aggiusta, sistema. Con quel fisico da scalatore (ma era un fondista, forte a cronometro e pronto in volata), e con quel camice da meccanico (novecentesco), s’insinua e s’illumina fra le bici, sguscia e svetta fra i copertoni, indica fotografie e mostra ritagli, e insomma, non perde un colpo. Solo quando appaiono i nipoti, decide finalmente per un surplace e va a ruota libera. Jolanda che si divide e moltiplica fra pista, strada e ciclocross, Giovanni devoto soltanto alla mountain bike. Luciano se li guarda, se li ammira, se li coccola. “L’importante – dice – è che in bici si divertano e che a casa studino”. Poi, però, non resiste alla tentazione famigliare ed elenca le loro prime vittorie. Ma lo fa sussurrando, come per paura di farsi sentire.
Nel sambodromo la bici è passione e professione, gene e marchio, eredità e progetto, memorie e sogni. Luciano deve avere una bacchetta magica. Ma la nasconde bene.
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