“Un centimetro avanti, un centimetro indietro: dieci millimetri, tutta la nostra agibilità è ridotta a un niente nel niente, assoluto, siamo immersi noi. Un centimetro di qua, uno di là, una piccola sterzata, un’aggiustatina col manubrio, ma la marea della folla rumoreggia ancora, scandisce il tempo, conta i minuti”.
Masnago, il velodromo. Campionati italiani di velocità sfidati, lottati, vinti e persi con l’esatto contrario della velocità: non la lentezza, ma l’immobilità. Il surplace. Il surplace fra Sergio Bianchetto e Vanni Pettenella. Il 27 luglio 1968. In diretta tv. E in differita nel racconto intitolato “Il surplace infinito”, scritto da Giorgio Maimone, pubblicato nella raccolta “Pirati e gregari” (Augh! Edizioni, 212 pagine, 16 euro, con la prefazione di Riccardo Magrini).
E’ una delle 22 “storie a ruota libera”, la bicicletta come massimo comune divisore. Gli autori, oltre a Maimone: Carmelo Pecora, Davide Pappalardo e Marco Proietti Mancini (che hanno condiviso l’idea della raccolta), Alessandro Reali, Luciana Ortu, Michela Moretti Girardengo, Paola Rambaldi, Gianluca Morozzi, Vincenzo Ciampi, William Bavone, Francesco Nucera, Massimiliano Giri, Antonella Zanca, Loriano Macchiavelli, Eliselle, Roberta Di Pascasio, Giuseppe Carroccia, Paolo Panzacchi, Jacopo Montrasi, Simona Baldelli e Pietro Caliceti. Chi scava nella propria memoria, chi esplora l’archivio del ciclismo, chi rivisita le corse dei professionisti, chi illumina le gare dei ragazzi, chi fantastica su Fausto Coppi, chi ritrova Alfonsina Strada. E chi, come Michela Moretti Girardengo, rivive il bisnonno Costante Girardengo, il primo Campionissimo della storia scritta a pedali.
“Ci sono passioni che si alimentano con le immagini in bianco e nero, velate dal tempo, e con il particolare profumo che sprigionano le pagine ingiallite dei vecchi libri e della ‘Domenica Sportiva’ con le illustrazioni disegnate a colori – scrive Michela -. Ci sono passioni e sentimenti che nascono per caso, o per caso si trasmettono di padre in figlio, di figlio in nipote e di nipote in pronipote. Questo è il mio caso”.
Modestamente, non credo che la trasmissione, il lascito, l’eredità, siano dovute al caso. Ma alla necessità, alla natura, all’urgenza, all’istinto, all’appartenenza. Anche al senso del dovere e a quello del piacere. Forse del ciclismo si può fare a meno. Della bicicletta no.
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