Il 25 novembre 1972, cinquant’anni fa, nel velodromo olimpico Augustin Melgar di Città del Messico, la campionessa di ciclismo bresciana Mary Cressari stabilì il nuovo record dell’ora femminile all’incredibile media per quei tempi e quei mezzi di 41,471, abbattendo il record precedente che apparteneva alla lussemburghese Elsy Jacobs dal 1958.
Mary Cressari stabilì il nuovo record nello stesso impianto che un mese prima aveva visto protagonista il grande Eddy Merckx. E fino al 2018 è stata l’unica ciclista italiana a riuscire nell’impresa.
La carriera. La campionessa originaria delle Fornaci, che nel 1962 debuttò in bicicletta ai Mondiali di Salò e fu capace in carriera, conclusa nel 1979, di vincere 143 corse fra pista e strada, vive da parecchi anni a Castelmella e ricorda bene quei giorni che l’hanno consegnata alla storia del ciclismo come la donna dei record (due anni più tardi, nel 1974, stabilì in sella ad una bici Colnago realizzata appositamente dal cavalier Ernesto al Vigorelli di Milano il record sui 100 km).
La scommessa. «Il tentativo di record in Messico nacque quasi come una sfida. Commentando il record appena realizzato da Merckx, il patron della mia squadra Claudio Terraneo disse: "Mary riusciresti anche tu a batterlo questo record?". Certo - risposi io - ma bisogna andare in Messico, e chi paga la trasferta?». Ci pensò lui, il patron, convinto che Mary Cressari avesse nelle gambe il record perché sui pedali esprimeva una potenza impressionante e in quella stagione aveva vinto 12 volte. Quell’anno. «Era stato un anno strano per me - ricorda la campionessa bresciana - iniziato malissimo. A febbraio venne diagnosticato un tumore a mia madre che si spense un mese dopo e ritardai la preparazione per assisterla. La sua morte improvvisa mi lasciò in eredità una famiglia alla quale badare perché all’epoca vivevo con mio marito Angelo, il figlio Ernesto di soli 6 anni (futuro campione di pallamano, ndr), mia sorella di soli 14 anni e mio padre. Dovevo dividermi fra le incombenze domestiche e la bicicletta. Ma ho reagito con forza e paradossalmente questa difficoltà mi diede tanta carica».
Tornando al record, fu preparato in un mese. «Il mio direttore sportivo - Alfredo Bonariva, ex gregario di Coppi - chiese consiglio ad Albani, ds di Merckx sulla preparazione, poi un direttore sportivo, tale Righetti, mi offrì una bici Pogliaghi superleggera (4,7 kg, ndr) realizzata tre anni prima per il tentativo di record, poi fallito, del dilettante Brentegani con le mie stesse misure».
Il record. Prima di andare in Messico Mary fece dei tentativi in Italia. Chiuso il Vigorelli, provò tre volte l’ora sulla pista di Busto Garolfo, poi andò a Zurigo a provare il record dei 5 chilometri che superò, ma l’assenza dei medici ne impedì l’omologazione. Confortata comunque dal risultato Cressari volò in Messico col suo direttore sportivo e la moglie. Scese in pista il 22 novembre per tentare il record dei 10 e 20 chilometri che riuscì e pertanto provò ad allungare per battere quello dell’ora, ma lo fallì per soli 70 metri. «Al traguardo ero arrabbiata e disperata, dovevo tornare a casa sconfitta. Ancora in lacrime arrivò dagli spalti il Console italiano che mi disse di non preoccuparmi, di riprovare qualche giorno dopo, avrebbe provveduto lui a tutte le spese supplementari. Così ci riprovai il 25 novembre, dopo aver cambiato il rapporto e montato un 55x16».
E dopo il record cosa accadde?
«Diventai di colpo famosa, Merckx in gonnella, mammina volante (ben prima della Canins, ndr) mi chiamarono, ma non riuscii a monetizzare. Mi offrirono subito 10 milioni se posavo per una foto pubblicitaria con un ananas, ma rifiutai per evitare la squalifica a vita perché da dilettante non potevo fare pubblicità. Tutti mi cercavano, venne persino Playboy ad offrirmi un servizio con pochi vestiti addosso. Ma stavolta fu il mio marito Angelo a dire no».
da Il Giornale di Brescia
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