A distanza di qualche giorno, su Linkedin, arriva un post anche da parte di Luca Guercilena. Dopo quello di Ivan Basso che ha fatto una valutazione della stagione di Eolo Kometa, facendo anche una fotografia dello stato dell’arte del movimento ciclistico italiano, sia dal punto di vista sportivo che economico, ora tocca uno dei manager più apprezzati nel panorama del ciclismo mondiale, il team manager della Trek Segafredo, che potrebbe anche disinteressarsi di questioni puramente local, visto che è a capo di un team multinazionale, ma da persona sensibile e responsabile, ma soprattutto appassionata, pensa anche al nostro di movimento, che non versa in buone acque e che non se la sta certamente passando bene. Chiaro che bisogna pensare positivo e rimboccarsi le maniche. Chiaro che fare i “piangina” non è la strada ideale per giungere a trovare delle soluzioni, ma è altrettanto vero che bisogna parlarne, prendere coscienza dei problemi e provare tutti assieme a trovare una via d’uscita. Questo suo post va in questa direzione.
Leggere che in Spagna un colosso privato dell’energia potrebbe unirsi all’azienda leader della telecomunicazione per sostenere l’unico World Tour Team è una buona notizia. Significa che entrambi vedono il ciclismo come valido strumento di promozione dell’energia sostenibile, identificandosi con i valori e le aspettative della squadra. Da italiano, è inevitabile il confronto con la nostra situazione nazionale e mi spinge a sperare che la politica (sportiva e non) possa avere la stessa visione. Riconoscere come necessario l’investimento in una squadra World Tour Italiana, con slancio globale, sarebbe il modo più efficace per dare nuova linfa cultura ciclistica del nostro Belpaese. Qualora le nostre istituzioni restino però miopi e non vedano quanto sta succedendo in altri paesi, come Regno Unito, Francia, UAE, Israele, Kazakistan, Bahrain e Spagna, dove il ciclismo e la bicicletta sono un valore aggiunto alla promozione nazionale, ci ridurremo all’ennesimo gioco al ribasso che punta su un professionismo di medio livello e aumenta il gap sportivo, culturale e commerciale. Il risultato, alla lunga, sarà l’estinzione del ciclismo professionistico, sottoforma di squadre. Le opportunità in Italia non mancano. La professionalità di certe strutture è una realtà affermata e apprezzata. Il nostro problema, come Paese, è difettare di ambizione per emergere al pari, o meglio, degli altri. L’unica via possibile è il gioco di squadra, come accade con successo in altri Paesi.