Fra i pochi ciclisti lucchesi passati professionisti c'è Stefano Della Santa, lo scalatore - oggi 55enne - che prediligeva i tracciati ed il clima spagnolo ed infatti in terra iberica ha ottenuto le maggiori soddisfazioni nella sua carriera professionistica, durata 12 anni, dal 1989 al 2000.
Un ciclista che ha offerto il meglio di sé nelle brevi corse a tappe, preferendo gli arrivi in salita dove poteva dare sfogo al suo spunto vincente. Fra i 13 successi in carriera, i più importanti sono stati per lui la classifica finale nella Vuelta Andalucia - Ruta del Sol, grazie alla fantastica doppietta firmata nel '94 e nel '95 battendo in entrambe le occasioni l'idolo di casa Francisco Cabello. Il 94 è stato il suo anno magico dal momento che, sempre in Spagna, si aggiudicò anche la classifica finale della Settimana Catalana dopo aver vinto la terza tappa da Torrelavit ad Andorra La Vella, oltre alla Euskal Bizikleta nei Paesi Baschi con la crono di Jaén.
La storia dello scalatore lucchese è legata a Ivano Fanini e al suo vivaio, dal quale sono usciti tra gli altri Mario Cipollini, Michele Bartoli, Andrea Tafi e Rolf Sorensen. Per altri l'esplosione in maglia Fanini è avvenuta ad età un po' più avanzata e fra questi ricordiamo i nomi di tre campioni del mondo della pista come Golinelli, Brugna e Villa, l'attuale c.t. azzurro.
«Non potrei mai dimenticare le mie origini in maglia Fanini - racconta Della Santa -: avevo 8 anni quando per la prima volta mi mise in sella alla bici Lorenzo Fanini, papà di Ivano. Lorenzo aveva allora una piccola officina di bicicletta in un garage della Via Bocchi di Segromigno Piano, una via conosciuta per la sede delle squadre dilettantistiche Fanini. Poi furono i fratelli i tre fratelli Ivano, Pietro e Michele a prendere in mano le squadre dilettantistiche dal nome Fanini: con quel nome sulla maglia ho fatto tutta la trafila fino alla categoria juniores, poi passai dilettante alla Alessandra Filati presieduta da Fabio Pistolesi con diesse Ettore Giglioli, restando però sempre in contatto con Ivano Fanini che nel frattempo aveva fatto nascere la sua prima squadra professionistica».
DILETTANTE. Nel triennio da dilettante con la Filati Alessandra, una vera e propria esplosione a suon di risultati: la sua migliore stagione del triennio fu nel 1987, quella di secondo anno. Si aggiudicò sette corse, delle quali sei in solitaria e fra queste il Gran Premio Del Rosso, il G.P. Internazionale del Mobilio e il Trofeo Matteotti. L'unica che si aggiudicò allo sprint in un ristretto drappello di 13 atleti fu a Montefiascone, gara alla quale Della Santa si iscrisse per caso di ritorno dal G.P. Liberazione.
Nell'88 un capolavoro dello scalatore lucchese: vinse la cronoscalata della Futa stabilendo il miglior tempo di sempre. Un primato che gli tolse qualche anno dopo niente meno che il grande Marco Pantani.
PROFESSIONISTA. «L'amicizia di famiglia che mi legava a Ivano Fanini e ial programma convincente mi portarono a firmare il mio contratto da professionista con la Pepsi Cola - Fanini di patron Ivano nel 1989 e rinnovai nel biennio 90-91 con Amore e Vita». Diretto da Franco Gini, i successi non tardarono ad arrivare.
«Vinsi nel '90 una tappa del Trofeo dello Scalatore a Brescia ed entrai per la prima volta della mia vita nella prima pagina della Gazzetta dello Sport. Una gioia enorme: organizzava Vincenzo Torriani e vederlo con la macchina del direttore di corsa dietro me mi diede una sensazione che non avevo mai provato prima. Però nel 91, quando vinsi la seconda gara in maglia Fanini, la gioia fu ancora più grande. Staccai tutti giungendo da solo sul traguardo del Ciocco a Castelvecchio Pascoli, davanti a Davide Cassani, in un'altra tappa del Trofeo dello Scalatore. Entrai nello stadio e un brivido percorse la mia pelle quando il pubblico scandiva il mio nome. C'erano ad attendermi i miei familiari, la mia fidanzata di allora e tutti gli amici di scuola. Vincere sulle strade vicino casa davanti alla mia gente era il massimo che potevo chiedere».
Nel 93 passa alla Eldor - Viner poi a Mapei nello stesso anno, Mercatone Uno, Ros Mary, Amica Chips e Alexia Alluminio. In Italia fra i suoi successi più importanti il Trofeo Melinda nel '93 che riveste un sapore particolare essendo stata la prima vittoria in assoluto dello squadrone Mapei di quell'epoca tanto che nel volume "Cubetti di Gloria" dedicato alla storia della Mapei quel successo occupa le prime pagine. Vinse anche, sempre nel 93, in maglia Mapei il Giro di Campania. Non ha avuto fortuna nelle sue partecipazioni al Giro d'Italia. Azzurro dal 93 al 95, fu in gara ai mondiali di Agrigento nel '94 ma si ritirò. «In quegli anni per riscuotere la fiducia e quindi la convocazione del c.t. Martini si doveva far bene alle gare indicative pre-mondiale. Oltre a spremerci per essere selezionati ai mondiali di Agrigento, il giorno della gara Cassani fu vittima di una caduta. Assieme a Podenzana, ci fu ordinato di tirare per farlo rientrare in gruppo. Sommando le fatiche non ce la facevo più e dovetti ritirarmi».
Un ciclista adatto alle corse a tappe brevi. Ma perché al Giro d'Italia non sono venute fuori le sue qualità?
«Purtroppo nelle corse di tanti giorni non reggevo a livello psicologico. Questo è stato un mio difetto. Il problema era mentale e non riuscivo a rrestare concentrato e a non perdere le motivazioni nei momenti difficili».»
Ciònonostante in alcune tappe è stato fra i protagonisti come nel 1993 quando iniziò bene il Giro d'Italia mettendosi in luce nella quinta tappa in Calabria da Paestum alle Terme Luigiane sfiorando la vittoria dopo una fuga a tre con il russo Dimitrij Konichev, che vinse, e Flavio Giupponi.
Un nono ed un undicesimo posto al Giro di Lombardia.
«Il giro di Lombardia cambiava tracciato ogni anno. Quando l'ho corso io le salite erano ad inizio gara e poi c'erano 100 km di pianura prima del traguardo, quindi il percorso non era adatto ai miei mezzi. In Spagna i tracciati erano a me più congeniali con i finali che si addicevano alle mie caratteristiche. Quando vinsi nel '94 il piccolo Giro dei Paesi Baschi Euskal Bizikleta, al secondo posto della classifica generale si piazzò il russo Eugenij Berzin che aveva appena vinto il Giro d'Italia. ».
La sua ultima stagione prima di attaccare la bicicletta al chiodo è stata nel 2000 con l'Alexia Alluminio. Ad influire sulla sua decisione del ritiro alcuni problemi fisic: era particolarmente infastidito da un ispessimento dei tessuti all'arteria femorale. Il ritiro e poi anni da diesse allenando anche per un anno il team femminile Michela Fanini, presieduto da Brunello Fanini, fratello di Ivano. Ha chiuso la carriera con un triennio alla squadra di dilettanti del G.S. Gragnano.
«Ho cambiato completamente professione, ora lavoro nel settore nautico e sono a stretto contatto con il mare e le barche. Una passione che avevo da ciclista e che oggi per fortuna esercito di professione»
I suoi rapporti con la bicicletta?
«Quando ho tempo non ci rinuncio. Specialmente in inverno esco quasi tutti i giorni spensieratamente perché la passione c'è sempre e lo faccio in compagnia del mio amico Michele Bartoli».
Già, Bartoli... un altro corridore lanciato da Ivano Fanini...
da La Gazzetta di Lucca
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